Fa male accorgersi di avere ragione, quando accade sulla pelle dei lavoratori.
Pochi giorni fa avevamo pubblicato un lungo elenco, non esaustivo, di aziende che chiudono o che sono in difficoltà nel territorio siciliano.
E ora i lavoratori di alcune aziende iniziano a protestare.
E lo fanno in maniera legittima, perchè nessuno all’ARS o a Roma li ascolta.
Berlusconi è preso dai suoi conteggi e dai suoi discorsi “ecumenici”, come un novello papa, e siccome si illude che davvero gli italiani siano tutti con lui, allora si può permettere di ignorare i bisogni degli italiani.
Il governo siciliano invece, è tutto preso dall’autocontemplazione: tutti a congratularsi per la nascita del partito del sud, un partito che nessuno ha visto, ma che secondo Lombardo, Miccichè e Cracolici dovrebbe risolvere i problemi della Sicilia.
Mi permetto un suggerimento: meno chiacchiare e più fatti.
Cracolici dovrebbe ricordarsi di essere un esponente del PD, partito che ha sempre dichiarato di essere dalla aprte dei lavoratori.
Lombardo dovrebbe ricordarsi che non può tenere nel cassetto i permessi per le aziende, altrimenti queste se ne vanno.
Miccichè, dovrebbe ricordarsi di essere siciliano e al governo e di fare qualcosa per la Sicilia.
Perchè diciamo questo?
Perchè prendiamo atto che i lavoratori della Fincantieri sono in subbuglio, perchè si paventa la chiusura della struttura, come avevamo già detto. Non arriviamo a sostenere, come fanno i sindacati, che è una macchinazione per speculazioni edilizie, ma ci chiediamo perchè la Regione non eroghi i finanziamenti promessi per lo sviluppo dei cantieri navali.

Prendiamo atto che i lavoratori della Numonyx, non hanno certezza del loro futuro. E questo è grave, visto che la Numonyx faceva parte della ST Microelectronics ed è stata ceduta alla Micron Technology: diciamo che è grave, non per la cessione in sé, che può, anzi portare sviluppo se ben gestita, ma perchè a seguito di questa cessione nulla si è saputo dei progetti futuri dello stabilimento Numonyx a Catania. E questo, è ancora più grave se pensiamo che in questi giorni si discute l’accordo di programma e che il Governo e la Regione erogheranno 180 milioni di euro. Ora, mi sembra logico che, prima di erogare questi soldi, si chiedano precise garanzie occupazionali.
Ma questa cosa, assolutamente logica, non è stata fatta finora dal governo nazionale e neanche da quello regionale.
Anzi, il 18 Marzo, presso l’Assessorato Regionale all’Industria si è svolto il primo incontro per la stipula del Contratto di Programma (ancora in corso di approvazione al CIPE) a cui hanno partecipato le delegazioni sindacali di CGIL e CISL, l’assessore regionale all’Industria Marco Venturi, il direttore regionale della task-force al lavoro dott. Salvatore Cianciolo.
L’incontro ha deluso i rappresentanti della CGIL. Perchè la Numonyx ha tranquillizzato il sindacato, ma non ha presentato i piani industriali, mentre la ST Microelectronics ribadisce, come ha già detto il 4 marzo al ministero competente, che non può assumere alcun ruolo di garanzia nei confronti dei lavoratori Numonyx (ex dipendenti ST), adesso venduti a Micron. L’assessore Marco Venturi dichiara che ha bisogno di approfondire i contenuti delle intese e del contratto di programma, ma intantoil Governo regionale si è già impegnato a finanziarlo. E parliamo di 180 milioni di euro. Intanto il governo se la prende comoda, e fissa la successiva riunione per dopo Pasqua.
Per chi non lo sapesse, ricordiamo che il Contratto di Programma “è un contratto stipulato tra amministrazione statale, grandi imprese, consorzi di piccole e medie imprese e rappresentanze di distretti industriali, agricoli, agroalimentari e ittici per la realizzazione di interventi oggetto di programmazione negoziata in diversi settori (industriale, del turismo, agricolo, della pesca e dell’acquacoltura). Lo scopo è quello di attivare iniziative atte a generare significative ricadute occupazionali”. Queste iniziative sono sostenute dalle agevolazioni previste dalla legge 488/92, destinate a tutte quelle “aree depresse, ovvero alle aree individuate dalla Commissione della Comunità europea come ammissibili agli interventi dei Fondi strutturali”.

Credete che abbiamo finito? No, perchè ora c’è anche la giusta protesta dei lavoratori del polo petrolchimico di Gela, che oggi hanno manifestato perchè in 500 rischiano il licenziamento. E i lavoratori hanno protestato contro azienda e contro sindacati. La direzione dello stabilimento petrolchimico ha comunicato nei giorni scorsi alle organizzazioni sindacali che tutto è pronto per aprire i cantieri finanziati con investimenti pari a 500 milioni, ma che l’organico dell’indotto sarebbe sovradimensionato di circa due terzi rispetto al reale fabbisogno dell’azienda. E questo ci fa riflettere.
Il 3 febbrario, Pasquale De Vita, presidente della UP (Unione Petrolifera) aveva dichiarato che in Italia ci sono 5 raffinerie a rischio chiusura: tra indotto e lavoratori diretti si parla di 7500 posti di lavoro in meno. Il rischio chiusura era determinato dal calo della domanda di prodotti petroliferi raffinati, che nel 2009 hanno protato ad una eprdita secca di un miliardo di euro.
Quali erano gli impianti a rischio? Gli impianti di Livorno e Pantano sono in cerca di compratori, a Taranto e Gela l’attività è stata provvisoriamente fermata, mentre a Falconera si contano 92 esuberi.
Quindi già ai primi di febbraio si menzionò il rischio di 7500 lavoratori licenziati e la chiusura del polo di Gela. Proprio per questo motivo l’UP chiese un intervento da aprte del governo, intervento che non richiedeva finanziamenti pubblici, ma l’adeguamento dell’impianto normativo del settore alle leggi presenti negli altri paesi europei e medioorientali. Purtroppo il governo non ha fatto sapere nulla, e oggi assistiamo alle proteste dei lavoratori di Gela.

E quindi torniamo all’inizio dell’articolo: nessuno tra i governanti ascolta i lavoratori e i loro problemi, preferendo parlare di partiti che non sono ancora nati, o di presunte folle oceaniche per manifestazioni inutili, o, peggio ancora, millantando che la crisi ormai è finita. Se la crisi è davvero finita, allora, come mai tante aziende chiudono?