Partiamo da un dato di fatto: Alcoa (il colosso mondiale dell’alluminio) chiude i suoi stabilimenti. Dainese, azienda bresciana leader mondiale nell’abbigliamento per le motociclette, chiude la sua produzione in Italia e si trasferisce in Serbia.
La Natuzzi, ha quasi tutta la sua produzione all’estero.
Questi sono tre esempi di aziende che si stanno spostando all’estero.
Un altro esempio? L’Ilva di Taranto ha chiuso 3 altiforni su 4.
Tutti che scappano? Certo, e non perchè sono cattivi, ma perchè le aziende devono fare il loro lavoro: fare utili, altrimenti falliscono, chiudono e scattano lo stesso i licenziamenti. Almeno se fanno utili possono pagare tasse alle nazioni (la Aidone, Natuzzi, Fiat pagano tasse al governo italiano).

Ma perchè non investono in Italia preferendo Serbia, Cina, India, Brasile, USA, Germania?Non solo per il costo del lavoro. Nel tessile ormai il costo del lavoro influisce per il 20% del prodotto finale.
Il motivo è che in Italia vi è una bassa produttività, non solo a causa di troppi oneri, ma anche per la mancanza di infrastrutture, e ormai il mondo è talmente aperto e grande che si può fare a meno dell’Italia: la Fiat ad esempio, vende più in Brasile che in Italia, e quest’anno entrerà nei mercati nordamericani e cinesi.E allora restano le infrastrutture e qui le colpe della politica sono grandi.

Abbiamo un governo che parla tanto, ma fa molto poco. Quali infrastrutture ha lanciato? Nessuna finora. Sono focalizzati sul Ponte sullo Stretto, quando sviluppando i porti otterrebbero risultati migliori.Ma tralasciamo il governo nazionale (su cui, comunque ci sarebbe tanto da scrivere con dati certi e pubblici) e focalizziamoci come esempio di malgoverno, sulla Regione Sicilia.

Su Cuffaro si è detto e scritto tutto il male possibile. Manca solo che si dica che è Hitler travestito. Può essere, però atteniamoci ai fatti. Prima di dimettersi aveva ottenuto i fondi e i permessi dal governo Prodi (governo non certo amico)per i tre termovalorizzatori, la cui costruzione avrebbe garantito lavoro a molta gente. Con Lombardo, i tre termovalorizzatori sono stati bloccati, la gara deve essere rifatta, e si parla di raccolta differenziata, senza dire come farla o dove verrà messa l’immondizia raccolta.
Ma sarò io che sono esagerato.

Parliamo di un tema molto attuale: la Fiat e Termini Imerese.
Nel 2002 Fiat fa rilevare che Termini non è economicamente valida senza investimenti infrastrutturali, i politici promettono di intervenire.Ma nonostante le pressioni tutto sembra dormire. Solo a metà febbraio 2007 si crea a Palazzo Chigi un “tavolo per il rilancio di Fiat di Termini Imerese” su insistenza dell’allora governatore della regione Sicilia, Salvatore Cuffaro (UDC).Nel luglio 2007 i tecnici del consorzio di sviluppo industriale di Palermo (in sigla consorzio ASI), guidati dal presidente Antonio Albanese, attuavano ricognizioni nell’area di Termini Iimerese per gli interventi da realizzare per creare il polo industriale dell’auto.Purtroppo con le dimissioni di Cuffaro, il via libero definitivo atteso da Roma viene messo in sospensione. È stato a quel punto che i dirigenti del Lingotto hanno preso atto di un clima politico mutato e hanno dovuto riporre nel cassetto tutti i documenti elaborati nel corso di una ventina di incontri tenuti a Palermo a partire dal giugno 2007. In soffitta è finita anche la tabella con la tempistica dell’approvazione degli aiuti all’azienda, che fissava la stipula del Contratto di programma per il luglio 2008, a sei mesi dalla presentazione della richiesta di accesso da parte della Fiat.Cosa prevedeva questa tempistica? La stipula del Contratto di programma per il luglio 2008, a sei mesi dalla presentazione della richiesta di accesso da parte della Fiat. In meno di sei mesi si pensava infatti di poter arrivare a firmare il Contratto di programma da 1,316 miliardi per il grande rilancio del polo siciliano della Fiat, un piano che prevedeva 356 milioni di contributi, un impegno da parte di Sviluppo Italia a far arrivare al Lingotto altri 350 milioni a titolo di «finanziamento partecipativo». Tutto ciò dando per scontata l’approvazione della norma che destinava allo sviluppo dell’area industriale 150 milioni della Regione siciliana e l’approvazione della norma sull’assunzione degli apprendisti.
Eppure… Eppure accade il contrario.

Fiat, se si rispettava la tabella avrebbe investito per il raddoppio delle linee produttive l’allocamento a Termini Imerese di una nuova automobile e il raddoppio degli addetti che sarebbero arrivati a 4.500.
Ma torniamo al Luglio 2008. Preso atto che il progetto era stato bloccato dalla Regione Sicilia che non firmava i documenti appositi e nel settembre 2008 bloccava tutti i lavori inerenti al progetto di Termini, preso atto quindi che il presidente della Regione Sicilia, Raffaele Lombardo, non da segnali di volere fare qualcosa, Marchionne, a Giugno 2009, decide di chiudere Termini Imerese.
Subito si corre ai ripari: Lombardo e i suoi provano a ricucire i rapporti, ma purtroppo non possono perchè non riescono a dare le giuste garanzie di serietà dopo che hanno affossato il progetto.

Ecco quindi la pecca della politica: dimostrarsi poco seri.
Si spera che Lombardo tragga insegnamento e decida di essere più attivo e meno interessato alla spartizione del potere, visto che finora ha bloccato tutte le attività economiche in Sicilia (ad esempio ha bloccato per mesi il raddoppio della linea energetica ad alta intensità da parte della ERG).