L’Udc ha presentato un pacchetto di proposte per la manovra economica 2010, ricco di idee interessanti per il rilancio dell’economia italiano, puntando su parole d’ordine come giovani, fiscalità e famiglie e green economy. Voglio concentrare la mia attenzione proprio su questo ultimo punto, che reputo assai innovativo e condivisibile. Al giorno d’oggi la green economy può essere una risposta efficace al momento di crisi che stiamo attraversando, visto che oltre che ai benefici economici, punta la propria attenzione a ridurre anche i danni ambientali. Il nostro governo farebbe bene ad impegnarsi ad investire in questo settore, perché, come ribadito da grandi studiosi, in Italia proposte di energie alternative ed eco-sostenibili potrebbero essere un’ottima riposta all’eterno problema della dipendenza energetica. E invece, come si legge nel pacchetto Udc, questa “Finanziaria pone un enorme freno allo sviluppo delle energie rinnovabili. Il mancato acquisto dei certificati verdi da parte del GSE, infatti, costituirebbe un forte disincentivo allo sviluppo delle fonti rinnovabili, nonché un evidente carenza di garanzie per il finanziamento degli impianti”.

L’Italia è la terra del sole e l’energia che scende la cielo potrebbe essere la soluzione a tanti problemi. Basta guardare al resto d’Europa: i paesi che hanno adottato politiche coraggiose hanno tratto enormi benefici. La Germania ha creato in pochi anni un’industria delle rinnovabili con 215.000 addetti, la Spagna un’altra da ben 100.000 addetti. E l’Italia? Nel 2006 ha prodotto circa 59,7 TWh di elettricità da fonti rinnovabili, pari al 17,6% del totale di energia elettrica richiesta, con il 13,1% proveniente da fonte idroelettrica e la restante parte data dalla somma di geotermico, eolico e combustione di biomassa o rifiuti. Ciò ha fatto del nostro paese il quinto produttore di elettricità da fonti rinnovabili nell’UE-15, seppur ancora lontana dagli obiettivi comunitari previsti, che prevedono la produzione del 22% di energia richiesta da fonte rinnovabile entro il 2010. Ciononostante, negli ultimi anni la produzione rinnovabile italiana sia cresciuta molto poco o si è mantenuta pressoché stabile: a crescere è soprattutto l’energia eolica, mentre quella idroelettrica ha raggiunto una fase di saturazione del potenziale economicamente sfruttabile. Inoltre, nonostante gli incentivi, l’Italia deve anche fare i conti con numerosi ritardi legislativi e di adeguatezza delle reti di distribuzione. Nel solare fotovoltaico l’Italia offre appena 1.700 posti di lavoro, contro i 42.000 della Germania e i 26.800 della Spagna; nel solare termico, siamo a 3.000 posti di lavoro in Italia contro i 17.400 della Germania. Fortunatamente nel 2009 abbiamo assistito a un cambio di marcia e si è registrato che, complici la crisi economica, le abbondanti pioggie, la mite estate, gli incentivi statali per le rinnovabili, i maggiori acquisti dall’estero (+7,2%) e le minori cessioni (-37,6%), la produzione di energia rinnovabile è passata dal 18,54% al 22,57%, raggiungendo l’ obiettivo del 22% per il 2010. Un ottimo punto di partenza, che adesso rischia di essere vanificato dallo stop imposto ai Certificati Verdi. Per l’ANEV, infatti, la misura prevista dalla Finanziaria “abolisce, anche retroattivamente, l’unico meccanismo di garanzia del sistema di sostegno alla crescita delle fonti rinnovabili, che serve invece proprio a tutelare il mercato e ad evitare speculazioni derivanti dall’oscillazione artificiosa dei prezzi dei certificati verdi” e “comprometterebbe tutti gli investimenti in corso di finanziamento nel settore delle rinnovabili, che negli ultimi due anni è stato uno dei pochi anticiclici a consentire crescita occupazionale nel nostro Paese”. Il rischio concreto, insomma, sarebbe quello di un sicuro default finanziario per tutti coloro che si vedrebbero tagliati i ritorni economici necessari a ripagare gli investimenti effettuati. Eppure, come dicevamo su, l’energia verde è la chiave per salvare i conti pubblici dei enti locali. Qui da me, in Sicilia, molti comuni hanno scelto di intraprendere questa strada. E a buon ragione. Facciamo un esempio: sono diverse le amministrazioni a rischio di bancarotta e le più importanti città isolane, Palermo e Catania, hanno un buco finanziario gigantesco. Ecco allora cosa si potrebbe fare. Il Comune X sceglie di costruire una centrale elettrica fotovoltaica o una nuova serie di pale eoliche, anche per produrre un solo megawatt di energia (più che abbondante, se si pensa che il consumo di una famiglia media è di 3 kw). Per finanziare la costruzione, sarà necessario un prestito alla “Cassa depositi e prestiti dello Stato”, è vero: ma stavolta non servirà a costruire un parcheggio o uno stadio, ma a finanziare un investimento fruttifero, visto che si tratta di una fonte di guadagno cospicua. Al contempo, l’energia prodotta basterà per soddisfare le richieste energetiche di scuole, uffici e ospedali. E quando il debito sarà ripianato (in tempi assai rapidi), il Comune potrà continuare ad usufruire gratuitamente dell’energia rinnovabile come meglio crede. Abbiamo davanti a noi una grande occasione, non sprechiamola per favore.

GIUSEPPE PORTONERA

La serietà di un governo si misura dalla capacità di mantenere le promesse fatte.
E mi sembra logico. Pensiamo se qualcuno ci promette qualcosa e non mantiene, noi ci restiamo malissimo.
La stessa cosa per imprenditori, cittadini e tutti coloro che guardano al governo.
Se un governo promette, è lecito aspettarsi che il govenro mantenga. Se non mantiene perde credibilità, e questo porta gravissimo danno: i cittadini saranno sfiduciati verso la legge, gli imprenditori non avranno fiducia nelle politiche economiche e anzi tenderanno a scappare, e così via.

Nel caso siciliano noi registriamo due fatti in particolare: i fondi promessi per l’area industriale di Termini Imerese e per le Piccole e Medie Imprese (PMI).

Tutti sanno che il governo di raffaele Lombardo aveva promesso aiuti e investimenti per 400 milioni di euro a chiunque avesse investito a Termini e rilevato l’impianto della Fiat garantendo l’occupazione. Ebbene nella finanziaria in discussione all’ARS, questa cifra è stata ridotta ad un terzo. Sissignore, stando al PDL, la cifra è stata tagliata e si è ridotta a soli 150 milioni di euro. E questo se permettete è indice di mancanza di serietà ed è di una gravità inaudita, visto che mette a rischio gli investimenti per un’area produttiva che rischia di scomparire. Inutile poi fare proclami e prendersela con la Fiat, se sono i politici i primi a non mantenere le promesse. D’altronde questo governo ci aveva già abituato a ciò: non aveva firmato l’accordo con la Fiat, costringendo quest’ultima a dovere andarsene da Termini, solo perchè l’accordo è stato studiato da Cuffaro e mancava la firma. Lombardo non firmò e la Fiat ha deciso di andarsene.
Ma fosse solo la Fiat, visto che l’elenco di chiusure attuate o minacciate è lunghissimo, basti citare la Edipower che realizzerà il suo impianto fotovoltaico non in Sicilia ma in PIemonte, e questo dovuto al fatto che in due anni, Lombardo non ha firmato il via libera al progetto.

E per le PMI? Semplice, non ci sono fondi in finanziaria, come fa rilevare  l’Unione delle associazioni delle Piccole e medie imprese, che rappresenta oltre 400.000 aziende siciliane. Infatti nel documento finanziario presentato all’ARS manca il capitolo dedicato alle PMI, riducendosi il tutto a soli 14 milioni di euro, di cui la metà rappresentata da trasferimenti dello stato italiano e della UE. Finiti questi trasferimenti, cosa accadrà? Non si sa. Il Governo Lombardo non si è espresso e non sembra volere convocare alcun tavolo per discutere dell’argomento.

PUbblichiamo una dichiarazione dell’on. Cordaro.

IL VICE CAPOGRUPPO UDC: PER LOMBARDO E CRACOLICI DIVENTA DIFFICILE NASCONDERE CHE LA FINANZIARIA SIA UN VERO E PROPRIO ASSALTO ALLA DILIGENZA

Palermo – “Sappiamo che Raffaele Lombardo è uomo di rottura e giammai di sintesi politica. Del resto l’assenza a Sala d’Ercole del presidente della Regione è l’ulteriore dimostrazione dell’importanza che il Governatore dà a questa finanziaria ed ai rapporti con il parlamento regionale. Vogliamo sottolineare come il nostro partito non sia stato minimamente interpellato dal Governo nella preparazione del bilancio e della finanziaria”. Lo afferma Toto Cordaro, vice capogruppo Udc all’Ars. “L’Udc – prosegue Cordaro – ha tentato di inserire in finanziaria alcune modifiche a vantaggio delle famiglie, dell’occupazione e delle imprese, puntualmente respinte da Lombardo e dai suoi alleati del Pd. Avremmo voluto prevedere – aggiunge Cordaro – l’abbattimento dell’addizionale Irpef per le famiglie monoreddito e per quelle numerose. Ed auspichiamo ancora oggi un’indicazione del Governo che vada nella direzione della piena stabilizzazione di tutti i precari siciliani, fermo restando il nostro impegno a non crearne nessun altro. Per quanto riguarda il lavoro e le imprese – continua il centrista Cordaro – ci aspettavamo un investimento importante per la formazione dei giovani con l’obiettivo di invertire la tendenza che porta i nostri figli a lasciare la Sicilia. Purtroppo – conclude Toto Cordaro – prendiamo atto che la finanziaria “snella” tanto declamata da Raffaele Lombardo è diventata un pachiderma per il quale sarà davvero difficile per Lombardo e Cracolici nascondere un vero e proprio assalto alla diligenza”.