Si è spezzata ma si è sempre rialzata, così, unita dal 1861 dalle Alpi a Lampedusa, è stata derisa e sfruttata… Ecco la storia della nostra cara Italia. Ci preperiamo a “festeggiare” i 150 anni di un’ unione che viene ora, più che mai compromessa da un partito che va forte solo in alcune regioni del Nord, eppure, si sta dimostrando un “cancro” per l’unificazione nazionale. Ne abbiamo visto di cotte e di crude da parte degli uomini dai fazzoletti verdi, li abbiamo visti all’ Europarlamento al grido di: Italia, Italia Vaffanculo, li abbiamo sopportati quando i locali pubblici che portavano i nomi di eroi meridionali come Peppino Impastato, venivano mutati con nomi di “uomini Padani”. Noi Siciliani ci siamo anche sentiti dire da parte della portavoce leghista nelle Isole Pelage A.Maraventano che, Lampedusa doveva passare dalla provincia di Agrigento a quella di Brescia… Beh, le stramberie da parte della lega non terminano davvero mai.
Con il passare del tempo un partito che si faceva sentire solo per la difesa della cultura padana, (e dell’ omonimo stato fantoccio), con questo Governo ha preso peso, divenendo un Partito di Governo, dunque il forte paradosso di ritrovarsi al parlamento europeo uomini che rappresentato la Rep. Italica ma sputano sulla bandiera, e suggeriscono ai padani di usarla come “carta igienica”. Uomini che hanno reso il nord Italia alla vista dei cittadini della comunità europea, un nord: xenofobo, razzista, omofobo. Dove è finito lo spirito di quell’ Italia fatta di caldi venti Mediterranei, di quei sapori, di quei borghi a Picco sul mare, di quelle immense distese di grano degli entroterra?! Oggi la Lega ci rappresenta, è sta lacerando lo spirito del nostro stivale. Portando avanti entità celtiche, e origini inesistenti…
Ed è propio in questi giorni che, il Consiglio dei ministri, che ha visto approvare il decreto Roma Capitale, (con chiaro esito positivo), ed il leader della Lega commenta che “Ora ci vuole la capitale del nord”. Ma gli uomini di questo governo Berlusconiano non sono di meno!!! Sembrano si stiano rimbambendo o qualcosa simile, il sindaco di Roma Alemanno sembra quasi prendere con ironia una cosi offensiva proposta… E quasi come se nulla fosse, al parlamento non si accenna nemmeno di questa ”proposta leghista” che offende chi, nell’ entità italica che affonda le sue antiche radici in ROMA MAGNA si rispecchia.

 

riceviamo e pubblichiamo di Giovanni Castellana

COMUNICATO STAMPA
 
“NASCE LA RETE DEI COMITATI NOTRIV SICILIANI CONTRO LE TRIVELLAZIONI GAS-PETROLIFERE IN SICILIA” 
Domenica 19 settembre 2010  a Scicli primo appuntamento di coordinamento 
Si è ufficialmente costituita LA RETE DEI COMITATI NOTRIV SICILIANI, che comprende gruppi organizzati nelle città di Marsala, Sciacca, Menfi, Castelvetrano, che si estende fino ai comuni dell’area sud orientale della Sicilia tra cui Noto, Scicli, Caltagirone, Vittoria, Modica, ecc.
 Si tratta di un’iniziativa di grande importanza, che sottolinea l’impegno e l’attenzione con cui tanti cittadini ed organizzazioni stanno seguendo la questione delle trivellazioni gas-petrolifere nel Canale di Sicilia e nella terra ferma della Sicilia, dopo il boom di autorizzazioni concesse nei mesi scorsi dal Ministero per le Attività Produttive (off-shore) e dall’Assessorato all’Industria della  Regione Siciliana ( on-shore) .
Nonostante la formale opposizione di vari esponenti politici del territorio si ritiene infatti che occorra una costante opera di vigilanza da parte dei “Comitati No Triv” , in modo da  contrastare la politica del Ministero per l’Ambiente e dello Sviluppo Economico e dell’Industria così come dell’Assessorato all’Industria della Regione Siciliana, che continuano ad elargire Permessi di Ricerca e Concessioni a tante nuove Compagnie Petrolifere, incuranti della vocazione della Regione Sicilia nei nuovi scenari internazionali quale polo di attrazione turistico-culturale e terra di produzioni agro-alimentari d’eccellenza. La situazione è allarmante poichè  al di là delle dichiarazioni rassicuranti del Ministro Prestigiacomo o dei Politici Regionali e di alcuni esponenti della maggioranza di governo, nelle settimane trascorse la senatrice siciliana Simona Vicari, componente della commissione industria di Palazzo Madama, affiancata dal presidente di Commissione Cesare Cursi, dal capogruppo Maurizio Gasparri e dal vice Gaetano Quagliariello, ha presentato un disegno di legge che intende riformare la legislazione in materia di ricerca e produzione di idrocarburi, introducendo – tra le altre cose – procedure meno complesse per il rilascio delle autorizzazioni. 
Una proposta che, come sottolinea il giornalista Federico Rentina sul Sole 24 Ore,  appare difficilmente conciliabile con la nuova norma del Codice ambientale, “che prevede una drastica stretta ai nuovi permessi per le esplorazioni e addirittura un divieto perfino alle indagini prospettiche entro 5 miglia dalla costa”.  Alla luce delle suddette considerazioni e della gravità della situazione della Sicilia che continua ad attirare Petrolieri da ogni dove, anche per la sua legge regionale del 2003 molto favorevole a loro,  è nata l’esigenza di costituire la Rete dei Comitati NOTRIV Siciliani, che  intende avviare una propria campagna per la salvaguardia del Canale di Sicilia e del Territorio Siciliano tutto e si dichiara pronta a preparare nuove iniziative per le prossime settimane in diversi centri del territorio siciliano.  16 settembre 2010                                     COMITATI NOTRIV

Nonostante la Lega, il Governo di Roma assente, e l’immobilismo di Lombardo, qualcosa sembra muoversi nell’economia siciliana. Certo, parliamo diun germoglio di sviluppo, ma che deve essere incoraggiato dai politici, che sarebe il caso, la smettessero di parlare di alleanze e parlassero di programmi per le famiglie e l’economia.
L’ISTAT, infatti, registra un aumento delle esportazioni, nei primi 6 mesi dell’anno, e anzi questi dati riservano parecchie sorprese.

Chi esporta di più non è il Veneto o la Lombardia, ma l’Italia Meridionale e le Isole come la Sicilia e la Sardegna se andiamo a considerare i settori che contribuiscono maggiormente alle esportazioni nazionali, osserviamo che gli incrementi più significativi si hanno per coke e prodotti petroliferi raffinati (piu’ 62,3 per cento), sostanze e prodotti chimici (piu’ 29,6 per cento), articoli farmaceutici, chimico-medicali e botanici (piu’ 18,7 per cento) e computer, apparecchi elettronici e ottici (piu’ 17,4 per cento). Chi invece segna il passo, anzi ha una flessione del 3,3% è il settore dell’abbigliamento.

Se vediamo i dati a livello regionale, osserviamo che viene facilmente confutata la tesi leghista che vuole il Sud, come una regione parassita che non produce nulla, infatti notiamo che per il coke e prodotti petroliferi raffinati le regioni che contribuiscono maggiormente alle vendite dirette verso l’estero e che registrano i maggiori incrementi settoriali sono Sardegna (piu’ 95 per cento), Liguria (piu’ 58,3 per cento), Lazio (piu’ 50,8 per cento), Lombardia (piu’ 49,5 per cento) e Sicilia (piu’ 42,4 per cento). Per le sostanze e prodotti chimici, i maggiori incrementi riguardano Sicilia (piu’ 82,1 per cento), Toscana (piu’ 41,5 per cento), Emilia Romagna (piu’ 33,7 per cento), Piemonte (piu’ 31,9 per cento), Veneto (piu’ 28,8 per cento) e Lombardia (piu’ 26,8 per cento).

Per il settore farmaceutico, che produce una parte importante del PIL italiano, osserviamo che per gli articoli farmaceutici, chimico-medicali e botanici le regioni con i maggiori incrementi sono Toscana (piu’ 98,6 per cento), Emilia-Romagna (piu’ 58,4 per cento), Lazio (piu’ 30,6 per cento), Piemonte (piu’ 18,1 per cento), Campania (piu’ 17,2 per cento) e Marche (piu’ 15,7 per cento); flessioni si registrano invece per la Lombardia (meno 1,2 per cento). Le esportazioni di computer, apparecchi elettronici e ottici sono particolarmente dinamiche da Emilia-Romagna (piu’ 25,1 per cento), Lombardia (piu’ 23,8 per cento), Piemonte (piu’ 16,3 per cento) e Toscana (piu’ 9,9 per cento); per il Veneto invece si registra una flessione (meno 2,4 per cento).

Come si vede quindi abbiamo una Italia estremamente dinamica, anche al Sud che, anzi, ha contribuito grandemente ai conti dello Stato con le sue esportazioni, anche se una parte importante di questo governo, vorrebbe cancellarlo.

di Mattia Lo Presti

Ponte si? Ponte no? Sono domande legittime ma prima di rispondere bisognerebbe analizzare i pro e i contro dell’oggetto discusso. Chi va contro la realizzazione del ponte ultimamente ha sempre la scusa pronta: “C’è la crisi”. Nulla da ridire, è un dato di fatto nonostante il premier si ostini a nasconderla, ma si può guardare anche da altri punti di vista; e se il ponte, e un insieme di infrastrutture ben commissionate, facessero da motore per il rilancio? “Storia magistra vitae” viene spesso ripetuto ma, come tutte le cose nel nostro paese, viene solo usato come motto idealizzato e mai messo in pratica!

Infatti nel 1929 gli USA, dopo il giovedì nero della borsa causato dalla speculazione borsistica, si trovarono in una profonda crisi in cui vennero trascinati buona parte dei paesi mondiali (le analogie sono parecchie). Nel 1932 venne eletto il presidente Franklin Roosevelt, che rispose prontamente alla crisi, non senza rischi, investendo pesantemente sulle opere pubbliche. Morale della favola? Gli USA si ripresero e Roosevelt venne praticamente divinizzato. La domanda a questo punto sorge spontanea: si può reagire alla crisi economica spendendo ulteriormente? La storia insegna che si può, e quindi perché non farlo?

Oltre al pretesto economico bisogna guardare anche alle attuali risorse disponibili, infatti lo stretto è attraversabile esclusivamente per mezzo dei traghetti in mano alla famiglia Franza. Lo stato di quest’ultimi non è ottimale e il servizio offerto è ridotto al minimo (è impensabile attendere il traghetto 2 ore per un attraversata di appena 3 km)! E allora perché non aprire alla realizzazione di questa, come di altre opere, che potrebbero giovare alle infrastrutture italiane oltre che portare un giovamento economico? L’utilità c’è, il riscontro economico pure (creando occupazione), manca solo l’approvazione di chi di portare benefici al sud non ne vuole proprio sapere!!

La notizia è di quelle che non vorresti mai leggere specie se il titolo accosta parole come “auto blu”, “cocaina” e purtroppo “Udc”, senza contare che è l’ennesima prova di una condotta politica ed anche morale assai dubbia da parte di uno dei parlamentari regionali dell’Udc siciliana. Questa triste e incresciosa situazione è l’occasione propizia per un piccolo e veloce sfogo sulla questione morale che deve necessariamente essere parte fondante del progetto politico del Partito della Nazione.  Su vicende come queste  si gioca la credibilità dell’Udc e del costituendo Partito della Nazione che devono avere il coraggio di prese di posizione nette e chiare, che devono mandare un segnale forte di discontinuità rispetto ad una certa politica che pur di conservare consenso e potere non ha esitato a svendere l’immagine del partito a personaggi che più che fare politica si sono serviti del partito per rafforzare personali posizioni di potere e curare i loro “interessi” più o meno leciti. Se davvero si vuole costruire un nuovo partito e se davvero si vuole cominciare a fare una nuova politica che abbia come unico interesse il bene della Nazione allora è giunto il momento di smettere di auto assolversi e di difendere l’indifendibile e di essere uomini e donne con la schiena dritta che sanno pronunciare coraggiosi e chiarissimi “no” che hanno il coraggio di decisioni limpide e forti. Forse si perderà qualche voto del ras di turno, ma si guadagnerà certamente in credibilità e forse il voto di tutti quei liberi, forti e giusti che in questo momento attendono una nuova possibilità di tornare a fare politica, di tornare a servire il Paese.

Adriano Frinchi

P.S.

Il mio articolo ha di fatto avuto una risposta concreta dai vertici nazionali dell’Udc che con questo atto coraggioso fanno strada in un percorso virtuoso che potrà fare soltanto bene al progetto del Partito della Nazione. Le considerazioni precedentemente fatte rimangono un monito importante ma soprattutto un programma ed un compito.

Partiamo da un articolo pubblicato di recente e apprendiamo che la Shell e altre compagnie petrolifere hanno deciso di iniziare dei test, dietro autorizzazione del ministero per le attività produttive, per trovare il petrolio al largo di Taranto, nel Mare Ionio, in Basilicata e nell’area di mare tra le isole Egadi e Favignana vi sia petrolio.

La notizia in se potrebbe anche essere positiva, se non fosse che, se fosse confermata la presenza del petrolio, questo si troverebbe in una zona importantissima a livello marino ed una delle zone turistiche più belle dell’intero Mediterraneo.

Si tratta, per intenderci, di una zona che a breve verrà dichiarata oasi naturale , inoltre la striscia di mare interessata include anche l’Area Marina protetta delle Egadi.

Ma quanto potrebbe essere grande questo giacimento?

Si parla di uno dei giacimenti più grandi dell’Europa continentale, alla Shell stimano di realizzare un impianto che, a regime, potrà estrarre circa 150 mila barili al giorno, cifra iperbolica persino accostata al rendimento dell’altro grande giacimento attualmente in l nzione in Italia: quello di Vai d’Agri (in Basilicata) che già garantisce alla Shell 85 mila barili al giorno, pari a circa l’8% dei consumi italiani.

Come pensano di estrarre questo petrolio? Ormai le moderne tecnologie permettono di scendere sotto i 5000 metri di estrazione, e alle vecchie piattaforme off shore spesso si preferiscono o navitrivellatrici, o impianti sottomarini totalmente automatizzati (in gergo si parla di UAV o ROV), come quello che sta producendo il disastro ambientale negli USA.

Ma la cosa più ridicola è che a pochi chilometri di distanza, nelle isole di Favignana , Levanzo e Marettimo, il ministero per l’ambiente ha finanziato un laboratorio per l’efficienza energetica e lo sviluppo delle rinnovabili nelle isole minori, grazie ad un progetto di AzzeroCO2 (chiamato “Sole e Stelle delle Egadi”) con un finanziamento del Ministero dell’Ambiente.

Un progetto molto importante che prevede il coinvolgimento di tutti i settori economici, per favorire l’occupazione degli abitanti e stabilizzare i lavoratori per aumentare la professionalità e l’occupazione.

Questo progetto, inoltre, potrebbe essere riprodotto in altre isole per renderle indipendenti da un punto di vista energetico e pulite a livello ambientale.

Ma queste ricerche non ci stupiscono, perchè già un anno fa, la Northern Petroleum ha cercato petrolio tra Pantelleria e Marettimo con le navi “Bos Angler”, “Mary Ann” e “Nuovo fratelli Campisi”.

Ora, noi non intendiamo condannare a priori l’industria petrolifera, ma vorremmo che fossero chiari alcuni punti.

Il primo riguarda l’ambiente e la salute: noi Siciliani non possiamo tollerare altri casi simili a quello di Gela dove, in seguito al polo petrolchimico, i casi di malattie e leucemie è aumentato.

Poi vogliamo delle rispsote sullo sviluppo. Che strada vogliamo perseguire? Quella turistico-ambientale o altre strade?

Siamo convinti che l’una non esclude l’altra, ma dobbiamo avere ben chiaro in mente in quali zone della Sicilia si può realizzare l’industria turistico-ambientale, dove la green economy, e dove l’industria tradizionale (anche quella petrolifera). Ma il governo regionale non si esprime

E questa mancanza di risposte ci stupisce, visto che il governo di Lombardo, finora ha cassato i termovalorizzatori per questioni ambientali, e sempre per questioni ambientali ha fatto scappare l’Edipower che voleva costruire una centrale fotovoltaica.

Infine, vorremmo che fosse chiaro che, se troveranno petrolio e se vorranno sfruttarlo, allora questo dovrà avere ricadute importanti in temi occupazionali e in temi di royalties pagate alla regione Sicilia, la quale dovrà usare queste royalties per creare sviluppo, finanziando progetti e realtà produttive siciliane.

La serietà di un governo si misura dalla capacità di mantenere le promesse fatte.
E mi sembra logico. Pensiamo se qualcuno ci promette qualcosa e non mantiene, noi ci restiamo malissimo.
La stessa cosa per imprenditori, cittadini e tutti coloro che guardano al governo.
Se un governo promette, è lecito aspettarsi che il govenro mantenga. Se non mantiene perde credibilità, e questo porta gravissimo danno: i cittadini saranno sfiduciati verso la legge, gli imprenditori non avranno fiducia nelle politiche economiche e anzi tenderanno a scappare, e così via.

Nel caso siciliano noi registriamo due fatti in particolare: i fondi promessi per l’area industriale di Termini Imerese e per le Piccole e Medie Imprese (PMI).

Tutti sanno che il governo di raffaele Lombardo aveva promesso aiuti e investimenti per 400 milioni di euro a chiunque avesse investito a Termini e rilevato l’impianto della Fiat garantendo l’occupazione. Ebbene nella finanziaria in discussione all’ARS, questa cifra è stata ridotta ad un terzo. Sissignore, stando al PDL, la cifra è stata tagliata e si è ridotta a soli 150 milioni di euro. E questo se permettete è indice di mancanza di serietà ed è di una gravità inaudita, visto che mette a rischio gli investimenti per un’area produttiva che rischia di scomparire. Inutile poi fare proclami e prendersela con la Fiat, se sono i politici i primi a non mantenere le promesse. D’altronde questo governo ci aveva già abituato a ciò: non aveva firmato l’accordo con la Fiat, costringendo quest’ultima a dovere andarsene da Termini, solo perchè l’accordo è stato studiato da Cuffaro e mancava la firma. Lombardo non firmò e la Fiat ha deciso di andarsene.
Ma fosse solo la Fiat, visto che l’elenco di chiusure attuate o minacciate è lunghissimo, basti citare la Edipower che realizzerà il suo impianto fotovoltaico non in Sicilia ma in PIemonte, e questo dovuto al fatto che in due anni, Lombardo non ha firmato il via libera al progetto.

E per le PMI? Semplice, non ci sono fondi in finanziaria, come fa rilevare  l’Unione delle associazioni delle Piccole e medie imprese, che rappresenta oltre 400.000 aziende siciliane. Infatti nel documento finanziario presentato all’ARS manca il capitolo dedicato alle PMI, riducendosi il tutto a soli 14 milioni di euro, di cui la metà rappresentata da trasferimenti dello stato italiano e della UE. Finiti questi trasferimenti, cosa accadrà? Non si sa. Il Governo Lombardo non si è espresso e non sembra volere convocare alcun tavolo per discutere dell’argomento.

PUbblichiamo una dichiarazione dell’on. Cordaro.

IL VICE CAPOGRUPPO UDC: PER LOMBARDO E CRACOLICI DIVENTA DIFFICILE NASCONDERE CHE LA FINANZIARIA SIA UN VERO E PROPRIO ASSALTO ALLA DILIGENZA

Palermo – “Sappiamo che Raffaele Lombardo è uomo di rottura e giammai di sintesi politica. Del resto l’assenza a Sala d’Ercole del presidente della Regione è l’ulteriore dimostrazione dell’importanza che il Governatore dà a questa finanziaria ed ai rapporti con il parlamento regionale. Vogliamo sottolineare come il nostro partito non sia stato minimamente interpellato dal Governo nella preparazione del bilancio e della finanziaria”. Lo afferma Toto Cordaro, vice capogruppo Udc all’Ars. “L’Udc – prosegue Cordaro – ha tentato di inserire in finanziaria alcune modifiche a vantaggio delle famiglie, dell’occupazione e delle imprese, puntualmente respinte da Lombardo e dai suoi alleati del Pd. Avremmo voluto prevedere – aggiunge Cordaro – l’abbattimento dell’addizionale Irpef per le famiglie monoreddito e per quelle numerose. Ed auspichiamo ancora oggi un’indicazione del Governo che vada nella direzione della piena stabilizzazione di tutti i precari siciliani, fermo restando il nostro impegno a non crearne nessun altro. Per quanto riguarda il lavoro e le imprese – continua il centrista Cordaro – ci aspettavamo un investimento importante per la formazione dei giovani con l’obiettivo di invertire la tendenza che porta i nostri figli a lasciare la Sicilia. Purtroppo – conclude Toto Cordaro – prendiamo atto che la finanziaria “snella” tanto declamata da Raffaele Lombardo è diventata un pachiderma per il quale sarà davvero difficile per Lombardo e Cracolici nascondere un vero e proprio assalto alla diligenza”.

 

Oggi presso la Commissione Industria del Senato c’è stata l’audizione di Bono, amministratore delegato di Fincantieri ed è stata molto importante sopratutto in seguito alle proteste dei lavoratori siciliani di Fincantieri del 30 marzo.

Facciamo un breve riassunto: la Fincantieri ha spostato molte commesse in serbia e Croazia, con il risultato che nei prossimi mesi si rischia di chiudere le commesse in atto e non averne altre.

Adesso, in questa audizione Bono ha affermato che la crisi economica ha colpito Fincantieri “in un momento di crescita”, quando aveva “un portafoglio ordini da 12 miliardi di euro” e nonostante fra il 2007 e il 2009 “c’é stato un calo del 57% degli ordini a livello mondiale, il mio impegno è mantenere l’attuale assetto produttivo”, cioé gli otto cantieri sparsi per l’Italia “anche se non è economicamente vantaggioso”.

“Finché sarò in Fincantieri – ha aggiunto – il mio impegno é che se avremo nuove commesse il lavoro sarà ripartito in tutti i cantieri equamente”. Bono ha però avvertito che se nei cantieri di Sestri e Palermo “non si farà il ribaltamento a mare” e quello di Castellamare “non avrà il bacino” per l’accesso a mare “sono destinati a chiudere, ma non sarò io a farlo”. “Questa crisi lascerà molti cadaveri sul terreno” ha proseguito rilevando che “tutti i governi in Europa sono intervenuti per sostenere le aziende del settore perché i cantieri sono un volano per l’economia. Anche il nostro governo – ha affermato Bono – ha avviato un tavolo sulla cantieristica al ministero dello Sviluppo economico impegnandosi per commesse pubbliche che erano nell’aria”.
Ed ecco il problema. La chiusura di Cateltermini e Palermo è una minaccia più che concreta perchè la Regione non ha mantenuto gli impegni presi, non facendo partire gli investimenti sui bacini di carenaggio, di cui è proprietaria, e il rilancio mancato ritarda il recupero di competitività.
Il 30 marzo la Regione, in seguito alle proteste dei lavoratori è uscita dall’impasse scaricando tutto su Cammarata, appoggiata in ciò dai sindacati. Sostanzialmente i sindacati vogliono sapere da Cammarata se il Prusst dentro il Cantiere navale, che prevede anche la costruzione di un albergo, andrà avanti o meno. Si accoda a questa domanda la Regione, proprietaria, che non attiverà il bando di gara europeo per ristrutturare i bacini di carenaggio da 52 mila e da 19 tonnellate, con i 50 milioni di euro di fondi della Regione ricavati dalla liquidazione dell’Espi, se il primo cittadino non chiarirà se l’area del cantiere deve avere vocazione industriale o turistica.
Ma non è tutto, i sindacati complicano ulteriormente tutto perchè chiedono a Comune e Regione di fare marcia indietro rispetto ai progetti ”speculativi” inseriti nel Prusst e nel Prg dell’autorita’ portuale che, ”togliendo aree e spazi al Cantiere navale, soffocherebbero l’attivita’ produttiva dell’unica grande industria di Palermo”.

Nello specifico Cgil, Cisl e Uil Palermo, insieme ai sindacati di categoria Fiom, Fim e Uilm, dicono di no all’esproprio delle officine meccaniche, all’eliminazione del bacino da 19 mila tonnellate, all’eliminazione di due pontili, tutti progetti inseriti nel Prg del porto e dicono no all’esproprio delle aree su cui sorge il grande magazzino, per la creazione di un albergo e di un centro polifunzionale, come si prevede nel Prusst presentato da Fintecna, gia’ approvato dalla commissione edilizia. Progetti che mettono in discussione l’aera della cantieristica.

Peraltro anche la sede di Castellammare di Stabia sta rischiando la chiusura, quindi ci vuole un impegno concreto che non sia solo comunale.

Francamente la soluzione può essere di accettare un dialogo con i sindacati e chiarire il PRUSST ed eventualmente chiedere se vogliono partecipare ad eventuali modifiche, insomma coinvolgere i sindacati nel PRUSST. Magari si potrebbero spostare alcuni progetti nell’area della Fiera, sfruttando quel terreno, e magari collegandolo ad un progetto di rilancio della FIERA.

Dopo i lavoratori che protestano e dopo che avevamo segnalato lo stato di disagio delle aziende in Sicilia che chiudono i battenti, prendiamo atto che la situazione nell’edilizia si aggrava, nonostante la recente approvazione di un piano casa, reputato da molti, come “inutile”  e che serve a dare una casa a chi già ce l’ha.

Questo aggravamento viene segnalato da Salvo Fertitto, presidente dell’ANCE Sicilia, che condanna, giustamente,  il ritardo dei pagamenti della pubblica amministrazione. Infatti, Il’Ars ha rinviato l’approvazione del bilancio regionale, con la conseguenza che le imprese edili non possono ricevere dalle pubbliche amministrazioni il pagamento dei lavori effettuati.

Stiamo parlando di un settore che ha visto la perdita di 30 mila posti di lavoro. A questo punto c’è da chiedersi cosa vogliano realmente fare l’MPA di Lombardo, il PD e Miccichè per la Sicilia. Intendono assumersi delle responsabilità, o vogliono tirare a campare?
Ma, come se non bastasse, al danno si aggiunge la beffa, infatti l’assessorato regionale alle Infrastrutture ha convocato per il 15 aprile, la commissione che determina il prezziario delle opere pubbliche. Dove è la beffa? Che l’assessorato vuole prorogare di un anno la validità del prezziario dell’anno scorso, adducendo l”incredibile giustificazione che, a causa della riforma dei dipartimenti regionali, gli uffici non hanno avuto tempo e personale per studiare gli aggiornamenti dei prezzi.
Ma questa riforma, secondo Lombardo, non doveva portare efficienza e risparmi? Certo, se strozziamo le imprese, qualcosa la possiamo risparmiare, ma poi le aziende chiudono e la gente finisce per strada.
Tra l’altro, a breve vi sarà il rinnovo del contratto di lavoro di categoria, che potrebbe avere la conseguenz adi un innalzamento del costo del lavoro, quindi se le imprese non possono aumentare i ricavi e vedono aumentare i costi, ovviamente non hanno altra strada che chiudere o accettare soldi di dubbia provenienza, consegnandosi di fatto nelle mani della malavita.
Ancora una volta sembra che questo governo voglia punire chi vuole lavorare e darsi da fare onestamente.