Udc

C’è stato un momento del Laboratorio a Chianciano, in cui si è respirato, a pieni polmoni, il famoso “profumo della libertà”. È stato il momento in cui mi sono ricordato perché ho scelto proprio questo “piccolo” partito e non uno più grande, in cui avrei avuto magari più occasioni. È stato il momento in cui, dalla platea del Pala Montepaschi, si è sollevata una “flotta di fischi” (per dirla con Germano) per rispondere alla improponibili avances del premier Berlusconi. Del resto, alla frase “centristi con me anche senza il loro leader”, come si sarebbe potuto rispondere, se non con un boato profondo, spontaneo e naturale da parte di un “popolo” (vero e non di plastica) che ne ha fin sopra i capelli di essere tacciato di opportunismo, quando è stato il solo ad aver avuto il coraggio di affrontare le varie competizioni elettorali contando esclusivamente sulle proprie forze? Non se ne può proprio più. È dal 2008, che non passa giorno senza sentire di “fantomatiche” nostre rentrée nel Governo: e ora che finalmente la nostra volontà di rimanere all’opposizione fino alla fine della legislatura, ecco che sui giornali si sprecano le ipotesi di scissioni varie all’interno del nostro partito, pare tutte pronte a confluire in un qualche indeterminato “gruppo di responsabilità nazionale”. Ma voi, amici miei, vi riconoscereste mai nel ruolo di stampella a questo governo, in cambio di qualche poltrona (più che altro uno sgabellino)? La risposta è scontata: il nostro NO è deciso, forte; eppure deve essere ribadito ogni giorno, in modo ossessivo, perché, se anche non lo dovessimo ripetere per un solo giorno, ecco decine di sapienti tuttologi pronti a fantasticare sul nostro “prossimo” ingresso al governo.

Guardate, facciamo un piccolo gioco. Immaginate di essere un pluridecorato politologo (uno di quelli che preferiscono contribuire al dibattito politico con proposte serie e concrete, anziché dimostrare le proprie ‘qualità’ giocando alla Fanta-Politica) e di dover scrivere un pezzo sulla tre giorni di Chianciano. Su cosa lo scrivereste? Probabilmente proprio sul fatto che, dal semplice militante al un pezzo grosso, nessuno ha intenzione di supportare un governo già morto. E segnalereste, magari, proprio i fischi indirizzati al Premier che si sono sollevati domenica durante l’intervento conclusivo di Casini. Questo se foste gente seria. E invece, cari amici miei, ci sono personaggi che, in barba all’obiettività del giornalismo, preferiscono dare alla gente qualcosa di molto più comodo: il gossip fantapolitico. Ecco perché poi, sui vari mass-media, riecheggiano sempre le solite domande: “Quanti ministeri vorranno questi dell’Udc?” (uno, due o magari tre?). “Macché, vogliono la presidenza della Camera!” (sì, e pure quella del Senato, grazie); “No, no: vogliono avere queste presidenze di regioni” (e qui parte un interminabile elenco). “Tizio, Caio e Sempronio pronti ad uscire e a raggiungere il premier anche subito” (questo ‘subito’ che dura da due anni, poi, mi ricorda tanto il Paradosso di Zenone). “E Giuda chi sarà mai? Si accontenterà di trenta denari anche stavolta?” (mah, i trenta denari non vanno più di moda, meglio un attico con vista Colosseo). “E Casini, lui cosa vuole? Fare il Presidente del Consiglio. Con il Pd o con il Pdl?” (questa non la commento neppure).

C’è chi li chiama pregiudizi. Io la preferisco chiamare “ignoranza”. Peggio per quelli che si rifiutano, ostinatamente, di respirare il “profumo della libertà”. La nostra: che non svenderemo mai.

GIUSEPPE PORTONERA

Quando qualcuno mi chiede perché ho scelto di impegnarmi in Politica, rispondo sempre che l’ho fatto pensando che oggi più che mai c’è bisogno di novità, di energie nuove e giovani, in grado di cambiare una situazione sempre più marcia e malmessa. Quando poi mi si chiede perché ho scelto proprio l’Udc, allora chiudo gli occhi per un momento e penso. Di motivi ce ne sarebbero tanti e molti di loro sono classici: la provenienza da una famiglia di tradizione democristiana; l’ispirazione cristiana e moderata della politica di questo partito; il fatto di riconoscermi pienamente negli insegnamenti e nell’eredità di Don Luigi Sturzo e Alcide De Gasperi. Ce n’è però uno, che li supera tutti e che amo riassumere in un solo sostantivo: “coraggio”. È stato proprio il “coraggio” dimostrato dall’Udc che mi ha spinto ad abbracciarlo e a sostenerlo giorno per giorno, fin dal 2008, da quando Pier Ferdinando Casini ebbe il coraggio e la forza di dire no a una confluenza di comodo nel PDL (come fece allora qualcuno che ora ne piange le conseguenze) e di affrontare una campagna elettorale tutta in salita. Che ci avrebbe potuto benissimo far sparire dal Parlamento, come se niente fosse. E invece, per fortuna, quella scelta di coerenza e di coraggio convinse tanti come me, che non se la sentivano di dover scegliere ancora una volta tra Berlusconi e la Sinistra. Allora io, che avevo quattordici anni e nessuna esperienza concreta all’attivo, mi chiesi: “Perché una terza scelta non è possibile? Perché, fin da quando ne ho memoria, l’elettorato è sempre stato costretto a scegliere tra due radicali possibilità?”. E mi risposi dopo aver letto il programma elettorale dell’Udc (divenuto nel frattempo Unione di Centro): “Sì. Un’altra scelta è possibile”.

Da allora non ho mai smesso di sognare, non ho mai smesso di aspettare la nascita dell’alternativa concreta ai due blocchi dai piedi di argilla. Dopo il risultato delle elezioni, erano in molti quelli che mi dicevano che “sprecavo il mio tempo”, che “nell’Udc non c’è futuro”, che “prima o poi sarete fagocitati”. “Figurarsi”, rispondevo io. E infatti, dopo due anni, l’Udc è ancora qui e insieme a tanti altri adesso sta finalmente realizzando quel sogno per cui mi sono sempre battuto. Ed ecco che sempre quelli che prima mi invitavano a cambiare partito, adesso mi dicono che “siete degli opportunisti”, che “il Centro non esiste” e che “il vostro unico scopo è contrattare posti di governo”. “Figurarsi”, continuo a rispondere: questa è l’Estate dei Moderati, di un vasto e composito quadro di uomini “liberi e forti” (per usare un termine a me molto caro) che si sono stancati di rimanere ingabbiati in un “bipolarismo forzato” e che vogliono costruire sul serio la nuova “Alternativa”. Costruita sui temi concreti e, purtroppo, dimenticati: la difesa delle istituzioni democratiche fino in fondo, contro ogni cesarismo; un lavoro di ricucitura del Paese, anziché di divisione; riforme in grado di riattivare il nostro circuito sociale ed economico; la volontà di ridare ai cittadini il diritto di scegliere direttamente i propri rappresentanti (con il ritorno al proporzionale e al voto di preferenza); la concretizzazione di una vera “rivoluzione liberale”, con l’eliminazione degli sprechi eccessivi, degli enti inutili e delle burocrazie superflue; una convivenza armonica e rispettosa tra laici e cattolici; il ripudio di ogni fanatismo ed estremismo. Ci siamo sempre confrontati su questi temi, e proprio su queste fondamentali tematiche abbiamo costruito il nostro futuro: ci siamo battuti con forza, consci di essere minoranza, ma convinti di poter costruire la maggioranza. Altro che Terzo Polo. Qui si lavora per costruire il Primo, sia chiaro. Il Polo della ragionevolezza, della responsabilità, del futuro.

La festa annuale dell’Unione di Centro a Chianciano Terme, è sempre stato un appuntamento chiave in questi anni. Proprio l’anno scorso, con la partecipazione di Francesco Rutelli e di Gianfranco Fini, i giornali si lanciarono nella descrizione di retroscena ed alchimie varie. Mere manovre di palazzo. Il Centro che vogliamo costruire è ben altro. È la convinzione che un’Italia diversa e migliore sia possibile. Ecco perché l’evento di Chianciano di quest’anno (dal 10 al 12 settembre) è l’ultimo tassello sulla nostra strada: è il momento che aspettavamo da tanto e che non possiamo permetterci di perdere. Per raccogliere i frutti della lunga “traversata nel deserto” compiuta dall’Udc, per non gettare alle ortiche tutto il lavoro di questi anni. A Chianciano lanceremo l’Alleanza del Futuro, per far si che l’Alternativa diventi reale!

GIUSEPPE PORTONERA

Il Partito della Nazione, la grande alleanza tra tutti i moderati di diversa storia ed estrazione culturale, non è più il sogno di un ristretto gruppo di persone o una passeggera infatuazione politica di alcuni intellettuali o giornali terzisti. Con il Fronte moderato parlamentare tra Udc, Api, Fli e Mpa, tutto questo è realtà. Forse non ancora pienamente, ma state tranquilli che si tratta ormai dell’inizio di un cammino che si compirà con la nascita di un soggetto politico finalmente nuovo. Sempre più politici si sono resi conto che il “bipolarismo forzoso e muscolare”, che tanto ha segnato questi quindici anni, è un sistema in fallimento (oggi è stata la volta di Beppe Pisanu e Gabriele Albertini): certo, molti di loro sono in ritardo, visto che il Polo dell’Astensione sarebbe dovuto già essere un segnale molto eloquente; non per niente, Pierferdinando Casini ha sottolineato nel suo intervento alla Camera, che “eravamo soli alle elezioni. Oggi, la compagnia è più folta!”. Ovviamente, però, il rischio concreto che questa “cosa nuova” possa nascere già vecchia è forte: ciò che bisogna in assoluto evitare, è che il Centro diventi (come è già nell’immaginazione di molti) una grande palude, un luogo in cui grandi spiriti, passioni e ideali sono destinati ad affievolirsi per lasciar posto all’incontro delle grandi oligarchie e burocrazie del Paese; dove invece di uomini liberi e forti, si debba fare la conoscenza di affaristi e tecnocrati della politica; dove, insomma, invece che al bene del Paese, si pensi al bene dei propri intrallazzi.

Per questo il nuovo Partito deve essere in grado di ascoltare, di recepire i consigli e le migliori energie disponibili. Perché, non dimentichiamolo mai, il nostro è sempre stato un percorso che è partito dal basso, per cercare di far arrivare in alto le nostre proposte: trasparenza, partecipazione e collaborazione devono essere le colonne portanti di un partito che vive nell’oggi e guarda al domani. E senza ombra di dubbio, la condizione principale perché questo accada, è saper ascoltare. In modo attivo, vero, concreto. Saper ascoltare è la qualità fondamentale che distingue un politico serio da uno scadente, in quanto significa aprirsi ai cittadini in modo radicale, senza schermi o sotterfugi. Una pratica salutare purtroppo dimenticata, perché parlare e promettere è molto più facile che ascoltare e confrontarsi. Chissà come mai poi sempre più cittadini scelgono di astenersi e delegittimare quindi l’attuale classe dirigente. Ecco perché l’Unione di Centro, insieme all’Osservatorio Politico di Lorien, ha attivato dei canali veramente nuovi di coinvolgimento basati principalmente sull’ascolto, non con gli strumenti del passato, ma con quelli della contemporaneità e del futuro. All’indirizzo http://lorientando.lorienconsulting.it/default.aspx, infatti, troverete un questionario da compilare, aperto a militanti, quadri, dirigenti, cittadini tutti. Mi raccomando: partecipate numerosi! Noi crediamo veramente a una rivoluzione del modo di fare politica, che riporti la Politica al centro della scena, che sia una condizione che permetta a entrambe le parti (politici e cittadini) di uscire vincenti. Una Politica al vostro servizio. Affinché l’area di responsabilità che è nata in Parlamento, possa allargarsi nel Paese: qui, infatti, non si lavora a una mera manovra di palazzo, ma al più grande elemento del futuro (Casini dixit), che lavori per difendere le istituzioni democratiche fino in fondo, a partire dall’autonomia della Magistratura; che si adoperi per ricucire il Paese, anziché dividerlo; che ridia ai cittadini il diritto di scegliere direttamente i propri rappresentanti (con il ritorno al proporzionale e al voto di preferenza); che possa, attraverso un’opera capillare, concretizzare il sogno di una vera “rivoluzione liberale”, eliminando sprechi eccessivi, enti inutili e burocrazie superflue.

Perché, però, questo possa accadere, c’è bisogno di voi e del vostro sostegno. Per questo vi chiediamo di compilare il questionario, di dire la vostra sulle priorità del nuovo partito: per tornare ad essere protagonisti. Per voi, per noi, per il nostro Futuro.

IL LINK DEL QUESTIONARIO

GIUSEPPE PORTONERA

Come tutti voi sapete, io sono sempre stato e sempre sarò favorevole al confronto delle idee, perchè solo da esso si possono trarre spunti interessanti che possono essere d’aiuto alla costruzione di una società migliore
Il confronto serve ed è basilare soprattutto in politica e nelle Istituzioni, perchè non si decide più solo per se stessi, ma per la collettività.
Devo dire però che nella nostra società il confronto manca ormai da diverso tempo, da quando gli oratori parrocchiali erano catalizzatori di un sistema di dibattiti che portava alla formazione politica delle nuove classi dirigenti.
Manca soprattutto da quindi anni a venir qui, perchè via via nel tempo è sempre venuta meno la dialettica e il buonsenso ha lasciato spazio a regie populistiche, demagogiche e che rientrano in sfere di interesse personale.
La società è cambiata e forse solo adesso ne sto prendendo piena coscienza.
La discesa di Silvio Berlusconi ha cambiato la nostra società, per alcuni aspetti in meglio, per altri in peggio.
Ne ho preso piena coscienza questa mattina.
Incontrandomi con un amico, appassionato di politica, ho avuto modo di commentare gli ultimi eventi politici nazionali, ovvero lo scontro tra Berlusconi e Fini, passando per l’espulsione di Briguglio,Bocchino e Granata, e per la mozione di sfiducia a Caliendo e le vicissitudini giudiziarie dello stesso, di Verdini, Dell’Utri e Cosentino e per il ddl intercettazioni.
L’idea che mi sono fatto è che il “pensiero berlusconiano” populista e demagogico è riuscito a stravolgere le coscienze della gente.
In sedici anni è riuscito, entrando nel cuore della gente con le sue tv, i suoi quotidiani e la sua squadra di calcio, a far passare per bianco ciò che è nero.
Ma con una marcia in più, ovvero ciò che è nero per lui è bianco, ma ciò che è nero per gli altri è molto più nero di quanto lo sia l'”abbronzatura di Obama”.
E vi analizzo anche le posizioni del mio amico, che è la perfetta incarnazione di ciò che ha creato Berlusconi.
Vicenda Gianfranco Fini: Berlusconi ha sbagliato (ho pensato “finalmente qualcuno che la pensa come me”), doveva buttarlo fuori prima, perchè il capo è lui e non si va contro il capo;
Vicenda Fabio Granata (di Briguglio e Bocchino non si interessa): perchè dice ora che ci sono state delle complicità e delle reticenze da parte dello Stato e di membri dell’esecutivo?Doveva dirlo prima, come dovrebbero fare i pentiti (la similitudine, in senso dispreggiativo, è molto evidente, ed è tipica della demonizzazione dell’avversario, di cui Berlusconi accusa la Sinistra), che in sei mesi dovrebbero dire tutto e non lo fanno, lasciando l’Italia intera con la sete di verità.E’ giusto che venga punito dal Partito, perchè avallando Spatuzza, si avalla la tesi che Berlusconi ha delle responsabilità.
Vicende Caliendo e Verdini: Tutto si risolverà come una bolla di sapone, figurati se due come loro hanno interesse a delinquere, si sono ritrovati nel mezzo senza saperlo.La verità è che ci sono troppi politici che fanno i propri interessi e quindi vogliono screditarli!!(Adesso sono gli altri che fanno i propri interessi, anche se non ci sono accuse, e non i due, caduti dentro un’inchiesta della magistratura).
Vicende Dell’Utri e Cosentino: E’ la magistratura di sinistra che continua a voler colpire gli uomini che sono più vicini a Berlusconi e che stanno facendo bene, perchè questi vogliono solo affossare l’Italia per consegnarla in mano ai Di Pietro, ai Bersani e ai Franceschini.
Vicenda ddl intercettazioni: E’ giusto che la smetta questa stampa di sinistra di pubblicare le intercettazioni solo per far cadere Berlusconi e il suo Governo, sono loro che hanno il vero potere in mano e riescono a estorcere le notizie ai magistrati, i quali non vorrebbero dargliele ma sono costretti per paura di finire sulle prime pagine dei giornali ( ma i magistrati non erano di sinistra così come i giornali?). Devono essere multati e in alcuni casi devono pure chiudere (loro?Non i magistrati che passano ai giornalisti segreti giudiziari?).

Vicenda della fiducia a Giacomo Caliendo: Fini, Casini, Rutelli e Lombardo hanno dimostrato che vogliono la guerra con Berlusconi, ma lui ha in mano la maggioranza dei parlamentari e solo lui può risollevare le sorti dell’Italia (ma i numeri non dimostrano che se l’area dell’astensione avesse votato a favore della sfiducia il governo sarebbe andato sotto?).Voglio vedere se questi signori di sinistra (ma Casini,Rutelli e Lombardo sono di centro e Fini di destra) vanno al governo cosa fanno…Gli italiani vogliono posti di lavoro e Berlusconi glieli sta dando (????), loro non sarebbero capaci!!!

Dunque per tirare le somme:
Berlusconi è proprietario di tv, riviste e quotidiani, ma i giornali sono di sinistra.
I giornali di sinistra tengono in ostaggio i magistrati, che pure sono di sinistra, per avere informazioni sulle vicende di Berlusconi e i suoi amici, e quindi devono essere multati e chiudere (quelli di destra no?).
Granata doveva essere punito dal partito perchè reo di essere come Spatuzza, che accusa Berlusconi, quindi è di sinistra come la magistratura che lo accredita, che è pure di sinistra.
Tutti i politici fanno i propri affari tranne gli amici del Premier, che sono casti e puri.
Dell’Utri e Cosentino, che pure sono casti e puri, sono colpiti sempre dai magistrati di sinistra, che voglionmo consegnare l’Italia nelle mani di uomini di sinistra.
Fini, Casini, Rutelli e Lombardo diventati di sinistra vogliono la guerra per prendere il potere, ma sono incapaci di stare al Governo, perchè Berlusconi sta dando posti di lavoro e loro non sono capaci..

Certo viene un po da ridere, ma purtroppo è la realtà.
Berlusconi è riuscito a cambiare la nostra società relegando chi aveva capacità di ragionamento ai margini e trasformando chi era vacillante in un perfetto automa.
Come dicevo…il confronto, ma con chi?
La speranza è nei giovani di buona volontà!!!!

C’è qualcuno, in un paese illuso e ferito come l’Italia, che sotto il sole, presso spiagge affollate e rumorose, si dedica alla lettura di giornaletti gossippari, dove poter leggere notizie hot su calciatori e veline. Qualcun’altro invece si diverte a sfogliare giornali più chic, dove è possibile alternare risate e serietà, grazie ad un grazioso umorismo fatto da critici giornalisti che decidono di non schierarsi politicamente facendo ironia su tutti i partiti italiani, ma che riescono a ritornare seri parlando dell’ormai noto Massimo Ciancimino e creando ipotetiche sfide tra le due grandi città sicule, Palermo Vs Catania.

Trotterellando tra una pagina e l’altra, tra uno schizzo di sabbia qua e la, noto un piccolo trafiletto dedicato all’Udc intitolato “Largo ai giovani”. L’ironia domina le righe e sotto le medesime tre foto: Calogero Mannino, Pierferdinando Casini e Ciriaco De Mita. Si parla di Casini e del 22 maggio, giorno in cui lanciò il giovane Partito Della Nazione, parlò di ricambio generazionale, davanti ad una folta platea dove erano presenti anche Mannino e De Mita, due big della politica udccina.

Secondo il giornalista che scrive, la platea sarebbe dovuta essere composta da veri giovani e non da chi la giovinezza l’ha ormai trascorsa da molto tempo! Nulla da dire a riguardo, ma forse il caro scrittore, di cui non si conosce il nome, non sa che in quella stessa platea erano presenti molti giovani non sa che in mezzo a tutta quella gente c’era anche una certa Azar Karimi, giovane presidentessa dei giovani iraniani in Italia.
Mi viene in mente proprio lei perché ho avuto l’onore di conoscerla a Roma, durante l’Assemblea Nazionale delle Regioni, ma anche a Palermo, ad un incontro che trattava di democrazia e libertà d’informazione in Italia e nel mondo.

Lei è molto brava, perché crede in ciò che dice e sostiene idee positive per i giovani sia iraniani che italiani. Non è parente né di Casini né di nessun altro e milita nel partito solo grazie alle sue qualità. Nelle righe seguenti, nell’articolo in considerazione, viene anche detto che i pochi giovani in vista, sempre all’interno del nuovo partito della nazione, sono il fidanzato della figlia del leder Casini e il nipote di De Mita. Forse però il caro giornalista, non sa che all’interno del partito sono presenti dai giovani che provengono da famiglie “normali” dove non vi sono precedenti nell’ambito dell’Udc e addirittura neanche nell’ambito della sfera politica generale.

Non voglio negare l’evidenza, ma chi possiede un cognome già noto non può essere messo da parte se possiede delle capacità e delle passioni, con  questo intendo dire che nell’Udc sia i famosi che i non famosi possiedono gli adeguati spazi e chi vale zero non ricompre alcun ruolo.

Con queste poche righe da me scritte voglio difendere tutti coloro che vanno avanti solo a forza di pane e passione, che con le loro stesse gambe stanno percorrendo un percorso mai percorso prima né da zii né da papà, ma allo stesso tempo voglio sostenere chi arriva ad odiare il suo cognome perché viene sempre e comunque etichettato come “raccomandato”.

Una platea deve essere sempre piena e non importa chi c’è dentro, l’importante è che siano tutte persone degne di essere sedute lì. L’Onorevole Mannino e De Mita hanno fatto la storia del partito e proprio in un momento cruciale per il medesimo era necessaria la loro presenza, perché per costruire un solido presente, è necessario appoggiarsi su un altrettanto solito passato. C’è qualcuno, in un paese illuso e ferito come l’Italia, che guarda il passato mentre cerca di realizzare un buon presente.

Sofia Gallo Afflitto

Caro Presidente Casini,

ho pensato a lungo prima di scriverle. Mi perdonerà se ho avuto l’ardire di seguire il consiglio che lei ci rivolse l’anno scorso alla Summer School dell’Udc, quello cioè, di farsi sentire, di “rompere per costuire”, come disse lei. Sono convinto che quell’invito non possa avere più valore che in questi giorni di grande confusione e concitazione, proprio quando la realizzazione del progetto del Partito della Nazione sembra essere ad un passo dal compimento e proprio quando il nostro partito è bersaglio di una vera e propria offensiva da parte del Centro Destra con lo scopo di “riportarci a casa” (tanto per usare un’espressione ricorrente). Non so se quello che sto per scrivere sia giusto o rispettoso, ma lo prenda, per favore, come lo sfogo di un ragazzo sedicenne che crede in lei e crede soprattutto nel progetto che da due anni a questa parte propagandiamo con forza.

Vengo da una famiglia con solide origini democristiane, popolari e anche assai terziste. Nel 2008, in piena campagna elettorale, ho maturato la mia prima convinta e ben ponderata riflessione politica che mi ha portato ad avvicinarmi all’Udc. La prova di coraggio da voi dimostrata mi aveva letteralmente conquistato e mi aveva convinto che se avessi voluto intraprendere la strada della politica, non avrei potuto scegliere compagnia migliore della vostra. Per questo, con un po’ di anticipo sui tempi previsti, ho bussato alla porta della sezione Udc del mio paese e lì ho cominciato a fare politica seria: ascoltare le istanze dei cittadini, elaborare proposte di rilancio e rinnovamento e convincere i miei coetanei che si può continuare a sognare un futuro migliore, sono diventati le mie passioni principali, sempre alimentante dal sogno di poter cambiare le cose. E in meglio. Quando poi a Roma, l’anno scorso, ha lanciato per la prima volta l’idea del Partito della Nazione, mi sono definitivamente convinto che cambiare le cose si può fare davvero e ho raddoppiato l’impegno che avevo profuso fino ad allora. Non nascondo, certo, che i diversi rallentamenti durante il nostro cammino mi sono dispiaciuti. Solo che ora, i tempi mi sembrano davvero maturi e evidentemente lo sono, se sia da Destra che da Sinistra tentano di tarparci le ali. Ma noi non possiamo mica farci impaurire dagli aut aut o soggiogare da sostanziose offerte. La stella polare del nostro cammino deve essere sempre e solo una: la realizzazione del progetto che lei lanciò nel 2008 e che ha sostenuto durante tutti questi anni.

Lo si chiami Grande Centro, Terzo Polo, Cosa bianca o Polo Laico, a me non interessa. I nomi sono ben poca cosa in confronto al grande momento che stiamo vivendo: il nostro nuovo partito non vincerà la sfida con il futuro certo con i sofismi linguistici ma con la solidità delle nostre proposte. Dopo due anni di attesa, speranza, cambi di marcia, stop forzati, il grande momento sembra essere finalmente giunto! Il sogno di un nuovo polo capace di modificare la forzata e imposta realtà del bipolarismo “muscolare e coercitivo” era in principio solo dell’Udc: ci ridevano contro, consideravano il voto dato a noi “inutile” e sognavano di ingabbiarci nell’uno o nell’altro schieramento, valletti dei due grandi partiti dai piedi d’argilla. Oggi invece ci cercano insistentemente, ripetono che la nostra scelta solitaria è stata “coraggiosa”, ci vorrebbero addirittura accanto nella guida del Paese. Temono che quello che poteva essere solo qualche tempo fa l’illusione di uno sparuto gruppo di oppositori o un’infatuazione passeggera di alcuni intellettuali terzisti, stia diventando una solida realtà. Perché così è: ci sono in movimento nuove forze, nuove energie che non possiamo assolutamente permetterci di smarrire.

La fuori, Presidente, c’è un mondo che aspetta solo di essere ascoltato e sostenuto. C’è un’Italia che è stanca delle continue e infruttuose divisioni da stadio che viviamo ogni giorno, stanca di dover lottare per arrivare a fine mese, stanca di non poter sognare un futuro migliore. C’è un Nord che non ne può più delle sparate leghiste, che si trova costretto a dover fare i conti con un’agricoltura e un’industria in crisi, che non ne vuole più sapere di essere ingannato quotidianamente. E c’è un Sud che lotta e non si arrende, che ne ha fin sopra i capelli di classi dirigenti fallimentari e sprecone e che non vuole più sentire parlare di mala sanità o istruzione scadente. Ci sono giovani e giovanissimi che come me e tanti altri che sono convinti che le cose si possano cambiare davvero e che lottano per riuscirci; laureati che sono costretti ad emigrare e scappare e che invece rappresentano il futuro del nostro Paese; operai, insegnanti e dottori che dopo aver lottato una vita, si vedono chiusi il proprio posto di lavoro per assenza di fondi; imprenditori soffocati da tasse eccessive e spesso incomprensibili; si potrebbe continuare per pagine e pagine. Abbiamo il dovere, noi come semplici elettori e militanti e lei come nostra guida, di riscoprire un orizzonte dimenticato, quello della buona politica. Altro che giochetti di potere per contrattare questa o quella poltrona, altro che nostalgici residuali di una vecchia politica! Noi siamo molto più moderni di quello che si possa credere. Perché abbiamo il coraggio di mettere in discussione un sistema che non funziona più: Pd e Pdl sono due blocchi conservatori che sperano di continuare a prosperare in questo bipolarismo, che ha finito per dar vita a due mostri come Pdl e Lega, pendente verso gli estremismi e populismi, anziché verso centrismo e moderazione.

Mi scuserà la lunghezza della lettera, Presidente, ma qui si tratta di un sogno, di un programma, di un progetto, che non si possono far naufragare nel nulla. Lasci da parte le sirene di Berlusconi, glielo dico con franchezza, e si concentri solo su se stesso e su di noi. Ad oggi non ci interessa stare a Destra o a Sinistra, in maggioranza o meno: continuiamo a fare quello che abbiamo fatto finora, opposizione costruttiva. Abbiamo fiducia in lei, Presidente. Sono sicuro che potremo riuscire a fare questo benedetto Partito della Nazione, insieme. Per noi, per l’Italia tutta, per il nostro futuro.

GIUSEPPE PORTONERA

L’Udc ha presentato un pacchetto di proposte per la manovra economica 2010, ricco di idee interessanti per il rilancio dell’economia italiano, puntando su parole d’ordine come giovani, fiscalità e famiglie e green economy. Voglio concentrare la mia attenzione proprio su questo ultimo punto, che reputo assai innovativo e condivisibile. Al giorno d’oggi la green economy può essere una risposta efficace al momento di crisi che stiamo attraversando, visto che oltre che ai benefici economici, punta la propria attenzione a ridurre anche i danni ambientali. Il nostro governo farebbe bene ad impegnarsi ad investire in questo settore, perché, come ribadito da grandi studiosi, in Italia proposte di energie alternative ed eco-sostenibili potrebbero essere un’ottima riposta all’eterno problema della dipendenza energetica. E invece, come si legge nel pacchetto Udc, questa “Finanziaria pone un enorme freno allo sviluppo delle energie rinnovabili. Il mancato acquisto dei certificati verdi da parte del GSE, infatti, costituirebbe un forte disincentivo allo sviluppo delle fonti rinnovabili, nonché un evidente carenza di garanzie per il finanziamento degli impianti”.

L’Italia è la terra del sole e l’energia che scende la cielo potrebbe essere la soluzione a tanti problemi. Basta guardare al resto d’Europa: i paesi che hanno adottato politiche coraggiose hanno tratto enormi benefici. La Germania ha creato in pochi anni un’industria delle rinnovabili con 215.000 addetti, la Spagna un’altra da ben 100.000 addetti. E l’Italia? Nel 2006 ha prodotto circa 59,7 TWh di elettricità da fonti rinnovabili, pari al 17,6% del totale di energia elettrica richiesta, con il 13,1% proveniente da fonte idroelettrica e la restante parte data dalla somma di geotermico, eolico e combustione di biomassa o rifiuti. Ciò ha fatto del nostro paese il quinto produttore di elettricità da fonti rinnovabili nell’UE-15, seppur ancora lontana dagli obiettivi comunitari previsti, che prevedono la produzione del 22% di energia richiesta da fonte rinnovabile entro il 2010. Ciononostante, negli ultimi anni la produzione rinnovabile italiana sia cresciuta molto poco o si è mantenuta pressoché stabile: a crescere è soprattutto l’energia eolica, mentre quella idroelettrica ha raggiunto una fase di saturazione del potenziale economicamente sfruttabile. Inoltre, nonostante gli incentivi, l’Italia deve anche fare i conti con numerosi ritardi legislativi e di adeguatezza delle reti di distribuzione. Nel solare fotovoltaico l’Italia offre appena 1.700 posti di lavoro, contro i 42.000 della Germania e i 26.800 della Spagna; nel solare termico, siamo a 3.000 posti di lavoro in Italia contro i 17.400 della Germania. Fortunatamente nel 2009 abbiamo assistito a un cambio di marcia e si è registrato che, complici la crisi economica, le abbondanti pioggie, la mite estate, gli incentivi statali per le rinnovabili, i maggiori acquisti dall’estero (+7,2%) e le minori cessioni (-37,6%), la produzione di energia rinnovabile è passata dal 18,54% al 22,57%, raggiungendo l’ obiettivo del 22% per il 2010. Un ottimo punto di partenza, che adesso rischia di essere vanificato dallo stop imposto ai Certificati Verdi. Per l’ANEV, infatti, la misura prevista dalla Finanziaria “abolisce, anche retroattivamente, l’unico meccanismo di garanzia del sistema di sostegno alla crescita delle fonti rinnovabili, che serve invece proprio a tutelare il mercato e ad evitare speculazioni derivanti dall’oscillazione artificiosa dei prezzi dei certificati verdi” e “comprometterebbe tutti gli investimenti in corso di finanziamento nel settore delle rinnovabili, che negli ultimi due anni è stato uno dei pochi anticiclici a consentire crescita occupazionale nel nostro Paese”. Il rischio concreto, insomma, sarebbe quello di un sicuro default finanziario per tutti coloro che si vedrebbero tagliati i ritorni economici necessari a ripagare gli investimenti effettuati. Eppure, come dicevamo su, l’energia verde è la chiave per salvare i conti pubblici dei enti locali. Qui da me, in Sicilia, molti comuni hanno scelto di intraprendere questa strada. E a buon ragione. Facciamo un esempio: sono diverse le amministrazioni a rischio di bancarotta e le più importanti città isolane, Palermo e Catania, hanno un buco finanziario gigantesco. Ecco allora cosa si potrebbe fare. Il Comune X sceglie di costruire una centrale elettrica fotovoltaica o una nuova serie di pale eoliche, anche per produrre un solo megawatt di energia (più che abbondante, se si pensa che il consumo di una famiglia media è di 3 kw). Per finanziare la costruzione, sarà necessario un prestito alla “Cassa depositi e prestiti dello Stato”, è vero: ma stavolta non servirà a costruire un parcheggio o uno stadio, ma a finanziare un investimento fruttifero, visto che si tratta di una fonte di guadagno cospicua. Al contempo, l’energia prodotta basterà per soddisfare le richieste energetiche di scuole, uffici e ospedali. E quando il debito sarà ripianato (in tempi assai rapidi), il Comune potrà continuare ad usufruire gratuitamente dell’energia rinnovabile come meglio crede. Abbiamo davanti a noi una grande occasione, non sprechiamola per favore.

GIUSEPPE PORTONERA

Houston, abbiamo un problema. E di quello serio: chiamasi “questione morale”. In meno di due giorni, infatti, sembra essere riesplosa questa grana che tanto ha afflitto l’Udc (specie quello siciliano). Chi non ricorda le tristi battute che ci venivano indirizzate dopo la condanna del nostro Presidente della Regione siciliana, Totò Cuffaro? “Unione Dei Carcerati”, “Il partito dei Cannoli”, “Unione delle Coppole” e tante altre squallide freddure che non sto qui a ripetere. È inutile nascondere il fatto che dopo le dimissioni di Cuffaro, abbiamo attraversato un momento durissimo: ricordo quei giorni come fossero ieri. La paura di sparire era grandissima, senza i voti dell’ex presidente ci davano tutti per spacciati. E invece, stringendo i denti e volgendo lo sguardo al rinnovamento, siamo ancora qui, molto più forti e testardi di prima. Ci siamo affidati a una classe dirigente nuova, legata solo ai propri ideali e a un segretario regionale, Saverio Romano, giovane e capace, che ha saputo rilanciare le nostre proposte politiche e che ora ha assunto il profilo sempre più di vero e proprio leader nazionale. Abbiamo tamponato le ferite, elaborato il lutto e siamo rinati, risorti. Non siamo più solo il partito di Cuffaro: siamo il motore riformista di quel grande progetto politico che è la Costituente di Centro. Pronti a contare e presentarci agli occhi degli elettori per quello che siamo veramente e non come altri vorrebbero farci apparire.

Ma si sa, le ferite sono fatte per riaprirsi. E così, come se nulla fosse, come se il lavoro di tutti questi mesi e anni non fosse mai stato fatto, siamo tornati nell’occhio del ciclone. Grazie a Salvatore Cintola, deputato regionale segnalato per uso di cocaina, fino a ieri nell’Udc e prontamente espulso dal segretario Lorenzo Cesa. Al di là della sua vicenda giudiziaria – su cui non mi esprimo perché non sono un giudice e perché resto sempre fedele al principio liberale del “garantismo”: innocenti sino alla condanna – resta però un importante giudizio politico: il nostro partito è ancora retaggio di alcuni ras del voto, o è davvero in grado di intercettare voti esclusivamente in base alla propria politica? In sostanza, la gente ci vota perché siamo il partito UDC in quanto tale o perché siamo il partito di Tizio, di Caio o di Sempronio? Sono sempre più convinto che questo sia un momento di transizione, in cui nuovi equilibri stanno per soppiantare quelli vecchi: il garantismo eccessivo, la scelta di tacere alcune vicende, la dottrina del “vivi e lascia vivere” non possono più essere riproposte. Sono convinto che il nostro partito possa avere come propria stella polare quella della legalità e della giustizia. Dobbiamo essere pronti, pur rispettando le vicende personali di ciascuno, ad allontanare chiunque sbagli e aiutarli ad affrontare la giustizia. Se sono innocenti, noi li aspetteremo sempre a braccia aperte. Guardate la vicenda di Calogero Mannino: ha avuto il coraggio di dimettersi e di affrontare ogni grado di giudizio, senza fuggire o cercare scappatoie varie. Oggi è stato definitivamente assolto e io non mi stancherò mai di additarlo come modello e punto di riferimento. Giustizia tardiva, lo so. Ma pur sempre giustizia, per lui e per noi. Saremo in grado di far nascere un partito equo e corretto, lontano sia dai “professionisti dell’antimafia” che dai “professionisti del garantismo”?

Dobbiamo, in conclusione, rovesciare la logica della “questione morale”: il nostro scopo deve essere quello di far scoppiare un “Risorgimento morale”. Perché la legalità non è appannaggio solo di pochi, consumati legalitari. È di tutti. E deve specialmente essere nostra.

PS: “Se dovessi essere condannato in via definitiva, uscirò completamente dalla scena politica. In ogni caso, fino al pronunciamento della Cassazione, non parteciperò a manifestazioni politiche. Ritengo che sia giusto così”. Così ha detto Totò Cuffaro, che al contrario di molti altri è pronto, se necessario, a mettere la parola fine.

GIUSEPPE PORTONERA

La notizia è di quelle che non vorresti mai leggere specie se il titolo accosta parole come “auto blu”, “cocaina” e purtroppo “Udc”, senza contare che è l’ennesima prova di una condotta politica ed anche morale assai dubbia da parte di uno dei parlamentari regionali dell’Udc siciliana. Questa triste e incresciosa situazione è l’occasione propizia per un piccolo e veloce sfogo sulla questione morale che deve necessariamente essere parte fondante del progetto politico del Partito della Nazione.  Su vicende come queste  si gioca la credibilità dell’Udc e del costituendo Partito della Nazione che devono avere il coraggio di prese di posizione nette e chiare, che devono mandare un segnale forte di discontinuità rispetto ad una certa politica che pur di conservare consenso e potere non ha esitato a svendere l’immagine del partito a personaggi che più che fare politica si sono serviti del partito per rafforzare personali posizioni di potere e curare i loro “interessi” più o meno leciti. Se davvero si vuole costruire un nuovo partito e se davvero si vuole cominciare a fare una nuova politica che abbia come unico interesse il bene della Nazione allora è giunto il momento di smettere di auto assolversi e di difendere l’indifendibile e di essere uomini e donne con la schiena dritta che sanno pronunciare coraggiosi e chiarissimi “no” che hanno il coraggio di decisioni limpide e forti. Forse si perderà qualche voto del ras di turno, ma si guadagnerà certamente in credibilità e forse il voto di tutti quei liberi, forti e giusti che in questo momento attendono una nuova possibilità di tornare a fare politica, di tornare a servire il Paese.

Adriano Frinchi

P.S.

Il mio articolo ha di fatto avuto una risposta concreta dai vertici nazionali dell’Udc che con questo atto coraggioso fanno strada in un percorso virtuoso che potrà fare soltanto bene al progetto del Partito della Nazione. Le considerazioni precedentemente fatte rimangono un monito importante ma soprattutto un programma ed un compito.

Nel dibattito sull’innalzamento dell’età pensionabile delle donne sono sicuramente di rilievo le proposte dell’Udc che per bocca di Casini e Buttiglione si è dichiarata a favore dell’equiparazione dell’età pensionabile di uomini e donne, come chiesto dall’Unione europea, ma contemporaneamente ha posto il problema importante della tutela del lavoro familiare della donna, soprattutto in quanto madre. Nello specifico l’Udc pur riconoscendo necessario e giusto l’adeguamento chiesto dall’Europa ha però proposto di concedere alle donne due anni di permesso con contribuzione figurativa per ogni figlio, da utilizzare quando la donna ritenga più opportuno, alla fine della carriera o in un momento importante della vita familiare. La posizione dell’Udc è assolutamente interessante perché va a toccare un problema che a suo tempo evidenziò molto bene la storica Lucetta Scaraffia: le donne che lavorano “hanno conquistato la possibilità di fare tutto quello che fanno gli uomini, ma hanno perso il diritto di vedere valorizzata e protetta la maternità “. L’età pensionabile più bassa non risolveva questo problema perché di fatto più che agevolare le madri, agevolava le nonne che avevano tempo per occuparsi di tante cose, magari anche dei nipotini, ma non certo dei figli che ormai erano ampiamente autonomi e non più bisognosi di amorevoli cure. Ecco che la proposta dell’Udc si configura come un reale aiuto alle donne che insieme alla dignità di lavoratrici vogliono salvaguardare anche la loro dignità di madri, infatti verrebbe data la possibilità alle lavoratrici che vanno in pensione a 65 anni di usufruire di una specie di congedo familiare, da uno a tre anni. La lavoratrice a questo punto potrebbe autonomamente decidere il momento più opportuno della sua vita lavorativa per avvalersi di questo diritto: nel corso della vita lavorativa, potendo così dedicarsi serenamente ai primi e fondamentali anni di vita della prole oppure alla fine di questa in una sorta di meritato riposo dalle fatiche del doppio ruolo di mamma e di lavoratrice. La materia è sicuramente complessa e una riforma efficace merita un’analisi attenta dei tanti fattori che entrano in gioco, tuttavia sembra importante sottolineare il principio della tutela della donna non solo nel ruolo di lavoratrice ma anche nel suo preziosissimo compito di madre. A tal proposito vale la pena di ricordare le parole di John Bowlby, psicanalista britannico padre della teoria dell’attaccamento: “Le forze dell’uomo e della donna impegnate nella produzione dei beni materiali contano come attivo in tutti i nostri indici economici. Le forze dell’uomo e della donna dedicate alla produzione, nella propria casa, di bimbi sani, felici e fiduciosi in se stessi non contano. Abbiamo creato un mondo a rovescio”.

Adriano Frinchi