Norman Zarcone aveva 27 anni, si era laureato con 110 e lode in filosofia della conoscenza e della comunicazione e stava per concludere il dottorato di ricerca. Norman ieri si è lasciato cadere dal settimo piano della sua facoltà di lettere e filosofia, depredato dei suoi sforzi e dei suoi sogni da una società che gli lasciava solamente piantare ombrelloni in estate. Non si tratta di una esaltazione della morte ma è il riconoscimento di un sacrificio, di una lezione che tutti noi dobbiamo apprendere. Da ieri Palermo ha il suo Jan Palach: lo studente boemo di filosofia si era immolato contro il regime comunista che soffocava la Primavera di Praga, Norman invece si è immolato contro questa società degenere e la sua classe dirigente che soffocano le primavere di molte vite. Sono intimamente convinto che questo giovane non era solo un debole e un depresso, come tenteranno di convincerci, ma era un giovane grandioso e soprattutto un vero filosofo che seguendo l’esempio dei grandi del passato ha deciso di dare la sua più grande lezione rinunciando al bene supremo della vita. Il sacrificio di Norman accusa la nostra sciocca società che quello stesso pomeriggio si preparava ad eleggere la sua Miss Italia in una ragazzetta, senza colpe per carità, ma che leggendo solo libri d’amore e disinteressandosi di politica ben presto guadagnerà assai di più di Norman nella sua breve vita. Ma il sacrificio di questo giovane filosofo accusa la classe politica italiana e siciliana, una classe politica mediocre, ignorante e criminale. I ben pochi casellari giudiziari puliti dei politici siciliani da oggi contano un omicidio, quello di Norman. Ha ragione il papà di questo giovane, siamo davanti ad un “omicidio di Stato” perché Norman e i tanti giovani come lui derubati dei sogni e del futuro sono vittime di quella massa di inetti arroccata nei palazzi del potere che mentre affamano la Sicilia si permettono ancora di continuare a calpestare i siciliani con le loro indegne ed illusorie pratiche clientelari. Da oggi però il sacrificio di Norman li perseguiterà notte e giorno come una maledizione che li raggiungerà nei loro palazzi, nei loro preziosi scranni e non risparmierà nessuno: tutti sono colpevoli al centro, a destra e a sinistra, siano essi consiglieri di circoscrizione o presidenti della regione, sono colpevoli di una infinità di reati, ma sono soprattutto colpevoli di rubare i sogni, quei sogni che sono la vita stessa dei giovani. E mentre cala il silenzio della stampa e della tv impegnate a seguire lo sciopero dei calciatori miliardari, le alchimie politiche e le scalate sociali di nani e ballerine spero che il sacrificio di Norman non venga dimenticato, spero che questa unica lezione del professor Norman Zarcone non venga facilmente dimenticata e che tanti si sentano ribollire il sangue nelle vene e trovino la forza di ribellarsi, di ritrovare la dignità civile di denunciare e combattere con le armi della democrazia chi si prostituisce e si fa servo per potere, sesso e denaro. Il teologo cattolico Josef Zeverina, autore della celebre Lettera ai cristiani d’Occidente, scrisse a proposito dell’estremo gesto di Palach: “La tragica morte di Jan Palach non fu un suicidio, ma un sacrificio di sé. (…) Palach morì perché vivessero gli altri”. Così è stato per Norman Zarcone che non si è suicidato ma si è sacrificato perché gli altri suoi coetanei possano vivere una vita che anche se dura, non deve mai rinunciare al desiderio di una vita piena e di un futuro migliore.
Adriano Frinchi