“I numeri primi sono divisibili soltanto per 1 e per se stessi. Se ne stanno al loro posto nell’infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo in là rispetto agli altri”. Così scrive Paolo Giordano nel suo romanzo “La solitudine dei numeri primi” che in questi giorni arriva anche nelle sale cinematografiche grazie all’opera di Saverio Costanzo, e queste parole del  giovane autore, per uno strano volo pindarico della mente, possono essere applicate al leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini. Il suo intervento conclusivo alla festa di Chianciano è stato compresso dai media tra i numerosi interventi politici di questa domenica settembrina di feste di partito, ma pur essendo “schiacciato” tra Berlusconi, Bossi e Bersani l’ex Presidente della Camera è sembrato, per dirla appunto con Giordano, “un passo in là rispetto agli altri”.  Mentre un Berlusconi scolorito (politicamente si capisce… il cerone è sempre ottimo) giocava con i giovani del ministro Meloni al gioco della torre e a raccontare barzellette che non facevano ridere, a Chianciano Casini chiedeva responsabilità, onesta e coerenza politica al Premier; mentre a Venezia il Senatur decideva di sciacquare con pura acqua del Po il figlio “Trota” e i fedelissimi, nel famoso centro termale della provincia di Siena il leader dell’Udc chiedeva una maggiore attenzione per il Sud e un impegno maggiore per la legalità; mentre a Torino Bersani si rimboccava le maniche per mettere ordine nel Pd e trarre dal baule dei ricordi l’Ulivo, alla festa dell’Udc Casini parlava di una nuova forza politica capace di interpretare il cambiamento e il disagio dei tanti italiani delusi dalla politica. Pier Ferdinando Casini ha avuto il merito di non impantanarsi nelle inutili alchimie politiche nel suo discorso conclusivo della festa dei centristi, al contrario ha detto parole chiare sulla odierna situazione politica e, cosa più importante, ha aperto un cantiere per costruire qualcosa di nuovo, un progetto per il cambiamento. Il merito di Casini sostanzialmente è quello di continuare su quella strada coraggiosa ancorchè ripida imboccata nel 2008 e di guardare con fiducia e ambizione al futuro. Sa bene Casini che ogni passo indietro rispetto alle scelte coraggiose degli ultimi anni metterebbe la parola fine alle aspirazioni dei moderati italiani, sa bene che il futuro del Paese e dei moderati non si può barattare per il solito misero piatto di lenticchie. Le parole di Casini hanno qualcosa di diverso rispetto alle parole di Berlusconi, Bossi e Bersani perché sanno di futuro, in quelle parole fiere e schiette c’è la voglia di imbarcarsi in una avventura politica nuova che superi gli schemi e le incertezze e di lavorare con quanti hanno veramente a cuore il futuro dell’Italia seguendo quell’antico adagio che dice di non chiedere al viandante da dove viene ma piuttosto dove va. Eppure posizioni come quelle di Casini rischiano sempre di apparire un po’ solitarie salvo poi rivelarsi delle profezie realizzate, ma questa forse è la famosa solitudine dei numeri primi, forse è il prezzo da pagare per chi in politica vuole essere libero e coraggioso. Il prezzo della libertà e del coraggio è alto ma è pur vero che è ampio il credito che gli italiani concedono a chi è capace di parlare di futuro e di cambiamento del Paese.

Adriano Frinchi

Dal lontano 1994, da quando si consolidò il bipolarismo all’italiana, l’idea o meglio il sogno di un terzo polo ha solleticato le fantasie di alcuni mentre altri ancora hanno tentato l’avventura terzo polista con risultati molto spesso grami. In principio furono Segni e Martinazzoli che furono spinti in terza posizione dall’irruzione sulla scena politica del Cavaliere e che finirono stritolati, almeno nei collegi uninominali, dal polo berlusconiano e dalla gioiosa macchina da guerra di Occhetto; poi fu la volta di Cossiga che con la sua Udr riuscì a portare D’Alema a Palazzo Chigi, ma gli  “straccioni di Valmy”  si rivelarono forse troppo straccioni anche per l’ex presidente picconatore che decise di far morire la sua creature prima della fine della legislatura e poi ancora D’Antoni con Democrazia Europea e Follini con l’Italia di Mezzo. Ci sono anche stati i tentativi della lista Bonino e quelle esperienze che fanno molto “di necessità virtù” come le sfide solitarie della  Lega nel 1996 e dell’Udc nel 2008 causa dissenso dal padre padrone del centrodestra italiano. Tutti questi tentativi si sono rivelati fallimentari non solo perché molto spesso maldestri ma anche perché è discutibile l’idea stessa di terzo polo. Tertium non datur diceva la saggezza latina, ma senza scomodare i padri latini è sufficiente osservare come in Europa  e forse anche nel mondo non esistono terzi poli, tutt’al più esistono forze politiche terze che sono alleate di partiti più grandi o che di volta in volta scelgono la coalizione più congeniale, penso in questo caso ai liberali tedeschi o ancora di più liberaldemocratici inglesi, storico mito terzo polista, che alla fine per accedere al governo hanno abbandonato la loro posizione terzista per un accordo con i conservatori di David Cameron. Che il terzo polo non paga l’aveva capito anche Bettino Craxi che incuneò il suo Psi tra la Dc e il Pci e che non faceva mistero di puntare, tra un’alleanza e l’altra con la Dc,  ad un assorbimento del cadente partito comunista per presentarsi come leader di una sinistra riformista alternativa alla Dc e capace di governare da sola. Il terzo polo  dunque non è destinato a governare ma ad allearsi per governare, l’alternativa è  chiudersi in una splendid isolation assolutamente sterile o peggio diventare “partito di sottogoverno”, una specie di cricca che più che a governare mira ad occupare poltrone e strapuntini. Nell’attuale scenario politico, nonostante gli epigoni del terzo polo siano sempre alla ricerca come i predatori dell’Arca perduta, Fini, Casini e Rutelli vengono additatiti come i protagonisti di un eventuale avventura al centro che, magari con una spruzzata di Montezemolo, i sondaggi dell’interessato Corriere della Sera incoraggiano. Ma il Terzo Polo potrebbe essere la tomba delle aspirazioni politiche di Fini e Casini che rischiano di rimanere schiacciati tra un riedito centrosinistra e un eventuale colpo di coda del Cavaliere che non vuole saperne di essere disarcionato dalla guida del governo e del centrodestra. Fini sembra già avere preso le distanze dall’idea di terzo polo e punta con una abile operazione di guerriglia non ad occupare un altro spazio ma a sottrarre lo spazio dell’ingombrante Berlusconi mentre Casini dal canto suo con il progetto del  Partito della Nazione sembra intenzionato ad archiviare le tentazioni neocentriste e puntare decisamente verso qualcosa di nuovo. Chissà che i due non si ritrovino. Al di là delle singole strategie politiche appare evidente che l’Italia non ha bisogno del Terzo Polo, di una chimera neocentrista che si tradurrebbe nella realtà come una raccolta di ambiguità destinate ad una mera gestione del potere, ma ha bisogno di un partito vero, fatto di idee e di persone, responsabile e con la vocazione a governare. L’esplosione del Pdl, la fine dell’esperienza politica berlusconiana e, si spera, del berlusconismo non aprirà uno spazio al centro, lo spazio per l’ennesimo partitino ma mostrerà uno spazio politico nuovo che occuperà chi saprà interpretare al meglio il desiderio di novità e credibilità degli italiani.

Adriano Frinchi

C’è qualcuno, in un paese illuso e ferito come l’Italia, che sotto il sole, presso spiagge affollate e rumorose, si dedica alla lettura di giornaletti gossippari, dove poter leggere notizie hot su calciatori e veline. Qualcun’altro invece si diverte a sfogliare giornali più chic, dove è possibile alternare risate e serietà, grazie ad un grazioso umorismo fatto da critici giornalisti che decidono di non schierarsi politicamente facendo ironia su tutti i partiti italiani, ma che riescono a ritornare seri parlando dell’ormai noto Massimo Ciancimino e creando ipotetiche sfide tra le due grandi città sicule, Palermo Vs Catania.

Trotterellando tra una pagina e l’altra, tra uno schizzo di sabbia qua e la, noto un piccolo trafiletto dedicato all’Udc intitolato “Largo ai giovani”. L’ironia domina le righe e sotto le medesime tre foto: Calogero Mannino, Pierferdinando Casini e Ciriaco De Mita. Si parla di Casini e del 22 maggio, giorno in cui lanciò il giovane Partito Della Nazione, parlò di ricambio generazionale, davanti ad una folta platea dove erano presenti anche Mannino e De Mita, due big della politica udccina.

Secondo il giornalista che scrive, la platea sarebbe dovuta essere composta da veri giovani e non da chi la giovinezza l’ha ormai trascorsa da molto tempo! Nulla da dire a riguardo, ma forse il caro scrittore, di cui non si conosce il nome, non sa che in quella stessa platea erano presenti molti giovani non sa che in mezzo a tutta quella gente c’era anche una certa Azar Karimi, giovane presidentessa dei giovani iraniani in Italia.
Mi viene in mente proprio lei perché ho avuto l’onore di conoscerla a Roma, durante l’Assemblea Nazionale delle Regioni, ma anche a Palermo, ad un incontro che trattava di democrazia e libertà d’informazione in Italia e nel mondo.

Lei è molto brava, perché crede in ciò che dice e sostiene idee positive per i giovani sia iraniani che italiani. Non è parente né di Casini né di nessun altro e milita nel partito solo grazie alle sue qualità. Nelle righe seguenti, nell’articolo in considerazione, viene anche detto che i pochi giovani in vista, sempre all’interno del nuovo partito della nazione, sono il fidanzato della figlia del leder Casini e il nipote di De Mita. Forse però il caro giornalista, non sa che all’interno del partito sono presenti dai giovani che provengono da famiglie “normali” dove non vi sono precedenti nell’ambito dell’Udc e addirittura neanche nell’ambito della sfera politica generale.

Non voglio negare l’evidenza, ma chi possiede un cognome già noto non può essere messo da parte se possiede delle capacità e delle passioni, con  questo intendo dire che nell’Udc sia i famosi che i non famosi possiedono gli adeguati spazi e chi vale zero non ricompre alcun ruolo.

Con queste poche righe da me scritte voglio difendere tutti coloro che vanno avanti solo a forza di pane e passione, che con le loro stesse gambe stanno percorrendo un percorso mai percorso prima né da zii né da papà, ma allo stesso tempo voglio sostenere chi arriva ad odiare il suo cognome perché viene sempre e comunque etichettato come “raccomandato”.

Una platea deve essere sempre piena e non importa chi c’è dentro, l’importante è che siano tutte persone degne di essere sedute lì. L’Onorevole Mannino e De Mita hanno fatto la storia del partito e proprio in un momento cruciale per il medesimo era necessaria la loro presenza, perché per costruire un solido presente, è necessario appoggiarsi su un altrettanto solito passato. C’è qualcuno, in un paese illuso e ferito come l’Italia, che guarda il passato mentre cerca di realizzare un buon presente.

Sofia Gallo Afflitto

Caro Presidente Casini,

ho pensato a lungo prima di scriverle. Mi perdonerà se ho avuto l’ardire di seguire il consiglio che lei ci rivolse l’anno scorso alla Summer School dell’Udc, quello cioè, di farsi sentire, di “rompere per costuire”, come disse lei. Sono convinto che quell’invito non possa avere più valore che in questi giorni di grande confusione e concitazione, proprio quando la realizzazione del progetto del Partito della Nazione sembra essere ad un passo dal compimento e proprio quando il nostro partito è bersaglio di una vera e propria offensiva da parte del Centro Destra con lo scopo di “riportarci a casa” (tanto per usare un’espressione ricorrente). Non so se quello che sto per scrivere sia giusto o rispettoso, ma lo prenda, per favore, come lo sfogo di un ragazzo sedicenne che crede in lei e crede soprattutto nel progetto che da due anni a questa parte propagandiamo con forza.

Vengo da una famiglia con solide origini democristiane, popolari e anche assai terziste. Nel 2008, in piena campagna elettorale, ho maturato la mia prima convinta e ben ponderata riflessione politica che mi ha portato ad avvicinarmi all’Udc. La prova di coraggio da voi dimostrata mi aveva letteralmente conquistato e mi aveva convinto che se avessi voluto intraprendere la strada della politica, non avrei potuto scegliere compagnia migliore della vostra. Per questo, con un po’ di anticipo sui tempi previsti, ho bussato alla porta della sezione Udc del mio paese e lì ho cominciato a fare politica seria: ascoltare le istanze dei cittadini, elaborare proposte di rilancio e rinnovamento e convincere i miei coetanei che si può continuare a sognare un futuro migliore, sono diventati le mie passioni principali, sempre alimentante dal sogno di poter cambiare le cose. E in meglio. Quando poi a Roma, l’anno scorso, ha lanciato per la prima volta l’idea del Partito della Nazione, mi sono definitivamente convinto che cambiare le cose si può fare davvero e ho raddoppiato l’impegno che avevo profuso fino ad allora. Non nascondo, certo, che i diversi rallentamenti durante il nostro cammino mi sono dispiaciuti. Solo che ora, i tempi mi sembrano davvero maturi e evidentemente lo sono, se sia da Destra che da Sinistra tentano di tarparci le ali. Ma noi non possiamo mica farci impaurire dagli aut aut o soggiogare da sostanziose offerte. La stella polare del nostro cammino deve essere sempre e solo una: la realizzazione del progetto che lei lanciò nel 2008 e che ha sostenuto durante tutti questi anni.

Lo si chiami Grande Centro, Terzo Polo, Cosa bianca o Polo Laico, a me non interessa. I nomi sono ben poca cosa in confronto al grande momento che stiamo vivendo: il nostro nuovo partito non vincerà la sfida con il futuro certo con i sofismi linguistici ma con la solidità delle nostre proposte. Dopo due anni di attesa, speranza, cambi di marcia, stop forzati, il grande momento sembra essere finalmente giunto! Il sogno di un nuovo polo capace di modificare la forzata e imposta realtà del bipolarismo “muscolare e coercitivo” era in principio solo dell’Udc: ci ridevano contro, consideravano il voto dato a noi “inutile” e sognavano di ingabbiarci nell’uno o nell’altro schieramento, valletti dei due grandi partiti dai piedi d’argilla. Oggi invece ci cercano insistentemente, ripetono che la nostra scelta solitaria è stata “coraggiosa”, ci vorrebbero addirittura accanto nella guida del Paese. Temono che quello che poteva essere solo qualche tempo fa l’illusione di uno sparuto gruppo di oppositori o un’infatuazione passeggera di alcuni intellettuali terzisti, stia diventando una solida realtà. Perché così è: ci sono in movimento nuove forze, nuove energie che non possiamo assolutamente permetterci di smarrire.

La fuori, Presidente, c’è un mondo che aspetta solo di essere ascoltato e sostenuto. C’è un’Italia che è stanca delle continue e infruttuose divisioni da stadio che viviamo ogni giorno, stanca di dover lottare per arrivare a fine mese, stanca di non poter sognare un futuro migliore. C’è un Nord che non ne può più delle sparate leghiste, che si trova costretto a dover fare i conti con un’agricoltura e un’industria in crisi, che non ne vuole più sapere di essere ingannato quotidianamente. E c’è un Sud che lotta e non si arrende, che ne ha fin sopra i capelli di classi dirigenti fallimentari e sprecone e che non vuole più sentire parlare di mala sanità o istruzione scadente. Ci sono giovani e giovanissimi che come me e tanti altri che sono convinti che le cose si possano cambiare davvero e che lottano per riuscirci; laureati che sono costretti ad emigrare e scappare e che invece rappresentano il futuro del nostro Paese; operai, insegnanti e dottori che dopo aver lottato una vita, si vedono chiusi il proprio posto di lavoro per assenza di fondi; imprenditori soffocati da tasse eccessive e spesso incomprensibili; si potrebbe continuare per pagine e pagine. Abbiamo il dovere, noi come semplici elettori e militanti e lei come nostra guida, di riscoprire un orizzonte dimenticato, quello della buona politica. Altro che giochetti di potere per contrattare questa o quella poltrona, altro che nostalgici residuali di una vecchia politica! Noi siamo molto più moderni di quello che si possa credere. Perché abbiamo il coraggio di mettere in discussione un sistema che non funziona più: Pd e Pdl sono due blocchi conservatori che sperano di continuare a prosperare in questo bipolarismo, che ha finito per dar vita a due mostri come Pdl e Lega, pendente verso gli estremismi e populismi, anziché verso centrismo e moderazione.

Mi scuserà la lunghezza della lettera, Presidente, ma qui si tratta di un sogno, di un programma, di un progetto, che non si possono far naufragare nel nulla. Lasci da parte le sirene di Berlusconi, glielo dico con franchezza, e si concentri solo su se stesso e su di noi. Ad oggi non ci interessa stare a Destra o a Sinistra, in maggioranza o meno: continuiamo a fare quello che abbiamo fatto finora, opposizione costruttiva. Abbiamo fiducia in lei, Presidente. Sono sicuro che potremo riuscire a fare questo benedetto Partito della Nazione, insieme. Per noi, per l’Italia tutta, per il nostro futuro.

GIUSEPPE PORTONERA

Al peggio non c’è mai fine, recita un vecchio quanto attuale adagio. E pare che, restando in tema di DDL Intercettazioni, quel peggio sia arrivato. Come se, infatti, le restrizioni e i limiti alla libertà di informazione non bastassero, è stato reso noto che un emendamento a questa legge colpirà anche i blog e i blogger. Si tratta del comma 29 dell’articolo 1, ideato già oltre due anni fa e che, se dovesse essere approvato, obbligherebbe ciascun blogger a rettificare errori o sviste nei propri pezzi a seguito della richiesta di un utente entro 48 ore, pena una denuncia penale e una maxi sanzione fino a 12.500 euro. Ciò potrebbe significare addirittura l’interruzione delle pubblicazioni di un blog, per l’impossibilità del proprio gestore, limitato nella libertà di raccontare e commentare, di soddisfare ogni richiesta di rettifica, allo stesso modo di tv e giornali. Senza considerare il fatto che per chi gestisce una pagina web da solo, per passione, anche un fine settimana a computer spento potrebbe allora rivelarsi fatale: dopo due giorni dalla richiesta di correzione, scatterebbe infatti la fatidica multa.

Una legge liberticida, da contrastare assolutamente, con tutti i mezzi e le forze a nostra disposizione. Assurdo è intanto l’accostamento che si fa tra l’informazione ufficiale, quella di TV, radio o giornali, e quella ufficiosa di blog e siti internet: il blog è un modo di assicurare una rapida e proficua diffusione ai propri pensieri e alle proprie idee. È un’estensione della nostra vita privata. Di solito quando scrivo un post, di qualsiasi genere, lo faccio perché sento il bisogno di scrivere, di fissare delle impressioni o dei commenti riguardo fatti (o misfatti) che leggo sui giornali o su qualche sito internet specializzato. Tra un blogger e un suo lettore esiste lo stesso rapporto che c’è tra due amici che si incontrano a un bar o in piazza e che discutono amichevolmente sugli argomenti più disparati: nessuno dei due ha la pretesa di condizionare l’altro; al massimo, può avere il piacere di informarlo. È così anche per i blog, non cambia assolutamente nulla. Il fatto che un blog sia letto, molto o poco, non può certo influire sulla sua configurazione come un prodotto editoriale, a meno che questo non sia dichiarato (e registrato) come tale. Se io scrivo su qualcosa che mi sta a cuore, non mi importa se a leggerlo saranno 10, 100 o 1000 persone: non ne trarrò alcun guadagno. L’importante è solo averlo scritto. Se poi uno dei miei lettori vuole intavolare una discussione con me, facendomi notare un errore o un imprecisione, ben venga: sarà mio obbligo morale e deontologico verificare le notizie su cui ho basato il pezzo e correggerlo, se necessario. Scrivere un blog significa anche questo: fare un’informazione 2.0, puntando molto sul dialogo e sull’interattività della rete. Noi di Estremo Centro ne abbiamo fatto esperienza diretta in più occasioni. Siamo nati da poco, mettendo insieme ragazzi, chi con più, chi con meno esperienza nella blogosfera, ma tutti con grande voglia di scrivere, di dire la nostra. Abbiamo scelto tematiche che ci stavano a cuore (da questioni di natura economica a quelli di natura sociale e politica) e su quelle abbiamo scritto e riscritto. In pochissimo tempo, grazie all’impegno profuso, abbiamo visto aumentare notevolmente le nostre visite giornaliere e, cosa più interessante, Pierferdinando Casini ha ripreso poi quegli stessi spunti che avevamo lanciato (qui e qui, qualche esempio) per le sue battaglie parlamentari. La riprova più evidente che da un rapporto corretto con Internet, la politica può trarre solo un vantaggio.

E invece la politica (o almeno una parte) ha ancora paura di Internet. Paura che viene dall’ignoranza e che si vorrebbe calmare ricorrendo a idee assurde, come questa: un freno illiberale, antistorico e inutile. Se dovesse essere approvato, chi potrà ancora scrivere un pezzo di denuncia sociale o politica, sapendo di correre il rischio di essere denunciato e multato? Solo chi ha alle spalle un sostegno forte. Solo i giornalisti professionisti, insomma. Con buona pace del semplice cittadino che aveva la possibilità di esercitare, in modo innovativo e straordinario, il nostro più elementare diritto: quello alla libera critica. È ovvio che, come per ogni cosa, gli abusi e gli eccessi non manchino: ma per questo si può forse colpire indistintamente? È come quando un writer imbratta un muro usando una bomboletta. Se qualcuno sporge denuncia, il giudice potrà forse incolpare del reato il muro o la bomboletta? Sarebbe ridicolo. Lo stesso vale per Internet. Se qualcuno lo usa male, non gli si possono accerto addebitare colpe che non ha. Anche perché, mi piacerebbe ricordare che nel corso della storia, soffocare le libertà più elementari, ha sempre e solo sortito un effetto contrario rispetto a quello sperato.

GIUSEPPE PORTONERA

RIceviamo e pubblichiamo:

Caro on. le Casini,
Le scrivo mosso da un misto di rabbia e sconforto. Le scrivo mosso non da un desiderio idealista-utopista di purificazione morale del mondo ma,  al contrario, dalla necessità di cambiamento divenuta irrinunciabile per la stessa sopravvivenza delle istituzioni politiche e lo scongiuro di una guerra civile. Magari le mie parole le risulteranno esageratamente catastrofiste e “rivoluzionarie” ma, come le dicevo, sono  giunto alla conclusione che i partiti si siano giocati le loro ultime carte con questa pietosa, ipocrita e confusa campagna elettorale. Ho vissuto ed incamerato lo scoramento totale della gente, la deprimente tendenza a considerare marcio o truffaldino qualsiasi tipo di progetto nuovo che sia ricollegato alla politica “tradizionale”…ho toccato con mano il disfattismo cialtrone e qualunquista delle persone rassegnate al meno peggio ed abituate al binomio inscindibile “politico=ladro”. Ho visto riciclati e trombati passare dal  Pd al Pdl facendo tappa nell’Udc e poi nell’Idv…ho visto giovani già vecchi nel loro modo di pensare e di agire. Ho visto il mio futuro grigio come il cemento armato delle carceri. Ma ho visto anche il bicchiere mezzo pieno riempito dall’entusiasmo di tantissimi ragazzi che  hanno forza, idee e capacità non per rendere perfetto questo sgangherato paese ma per rimediare a molte delle sue inconcepibili e non  necesserie brutture.
Quasi cominciavo a sperare che qualcosa, qualcosa di piccolo ma importante, potesse finalmente cambiare. E invece? E invece vedo l’Italia imbrigliata dalla Lega e, cosa ancora più orribile, l’Udc che potrebbe riallacciarsi alla maggioranza. Sarebbe la più grande delusione della mia vita vederla stringere nuovamente la mano a razzisti, xenofobi, cristiani-celtici e cattolici-adulteri.
Sarebbe la fine di tutto e l’annegamento della piccola luce che stava per accendersi. Non abbiamo bisogno di leader buoni o cattivi; di messia  o nuovi santi-martiri caro Presidente. Abbiamo bisogno, “semplicemente”, di uomini coraggiosi…che siano pronti a rinunciare al  poco che hanno per ottenere molto di più non solo per loro stessi ma
anche per chi si fida di loro e li segue. Non pretendo un mondo dove, tutti in circolo e tenendoci per mano, cantiamo Kumbaya. Non immagino un mondo dove non esistono ricchi e poveri, ingiustizie e disparità…non mi concedo
utopie sognanti che parlano di governi guidati da superuomini dall’inflessibile moralità e dalla perfetta etica. Governare questo paese frignone e spesso ignavo è compito arduo e deve essere fatto alternando un sensato relativismo ad una giusta fermezza. In ogni caso non le scrivo assolutamente per indicarle come governare; non ne ho
 le capacità, l’esperienza e le conoscenze. Le scrivo solo questa sorta di “supplica-esasperata” riguardo ad un provvedimento che reputo non solo moralmente giusto ma SOCIALMENTE NECESSARIO. VIA I MEDIOCRI E I LESTOFANTI DALL’UDC…via coloro che portano voti ma che derubano il futuro alle attuali generazioni. VIA I COMPROMESSI con i corrotti e via il concetto di “potere a tutti i costi”. Come dicevo questa forma di rinnovamento forte è coraggioso non deve essere spinta da un elevato senso di giustizia ma DALLA NECESSITA’ DI SOPRAVVIVERE E DI EVITARE IL TRACOLLO DI QUESTO PAESE (E DELLA MIA REGIONE IN PARTICOLARE; LA CAMPANIA).
Eliminare la feccia dal partito vorrebbe  dire giocarsi tutto quel 6% di elettorato ma significherebbe, al contempo, non offrire “alibi” a chi oggi guarda con diffidenza all’unione di centro. Non so: forse qualcuno penserà che sto delirando e forse è effettivamente così ma, mi creda, avere 23 anni e sapere che, per fare quello che voglio fare (il giornalista) dovrò prima o poi rinunciare alla mia dignità e vendermi a qualcuno, è incredibilmente frustrante…quello che noto è un incredibile ed insostenibile spreco di risorse positive e di giovani dalla mente libera e creativa. Premiare i meritevoli, mi creda, non può che produrre risultati straordinari PER TUTTI. Affidarsi ai migliori, alla lunga, PREMIA.
Ho scritto troppo, lo so e me ne scuso…probabilmente queste mie righe nemmeno le leggerà mai ma, mi creda, se l’Udc riuscisse a portare avanti in maniera credibile, profonda e concreta il rinnovamente che sbandiera da anni (insieme a tutti gli altri partiti) io sarei il primo a prenderne parte; a giocarmi tutto ciò che ho e che sono per far vincere il progetto. E con me che non sono nessuno, le assicuro, ci sarebbero tantissimi pronti a fare lo stesso; a partire dal gruppo giovanile di Caserta. Lei una volta disse:”Vorrei dei giovani che rompessero nel partito”. Bene…c’è un esercito di giovani pronti a fracassarle. Che facciamo? Passiamo dalle parole ai fatti?
GRAZIE PER L’ATTENZIONE
Cordiali Saluti
 Germano Milite